Una volta un allievo mi disse: "ma secondo lei qual è la prima cosa che bisognerebbe fare quando si insegna la comunicazione?" La domanda assai penetrante e inaspettata, mi colse un po' di sorpresa. Io risposi: "la prima cosa da fare è mettere in comunicazione le persone che stanno insieme dentro l'aula..."

 

A quel punto fu lui a rimanere un po' sorpreso, poiché evidentemente si aspettava che io dicessi qualcosa circa un postulato o una teoria o simili. Quando poi mi chiese di approfondire il mio pensiero io la presi molto alla lontana, dato anche le capacità recettive del mio interlocutore, e cercai di partire dal concetto di episteme, poiché ogni disciplina si fonda su un sistema cosiddetto epistemologico, attraverso cui è possibile risalire alle radici della conoscenza. Perché si studia la storia o la matematica o le lettere o la chimica? Perché esse sono costruite su un sistema epistemologico, attraverso cui decodifichiamo la realtà naturale, sociale, culturale, etc...

 

Il sistema epistemologico della comunicazione invece ci dice che quella disciplina prima che farci riconoscere la realtà ci fa riconoscere noi stessi, poiché quello è lo strumento fondamentale del nostro assetto biologico, che ci differenzia dal resto del mondo animale e attraverso esso ci fa appartenere ad una comunità.

 

Il paradosso è che noi stessi spesso e volentieri siamo ignari di ciò che succede in quella comunità, per varie ragioni, senza renderci conto che essere ignari significa non conoscere ciò che ci circonda. Vivere in un contesto che non si conosce è come vivere in apnea, quindi vuol dire vivere in modo sofferente la quotidianità. Ma da cosa è prodotta questa sofferenza? Dall'assenza di consapevolezza che produce una cattiva interazione tra le persone.

 

Dopo tutto questo ragionamento dissi all'allievo: "ecco perché la prima cosa da fare quando si insegna la comunicazione è mettere in condizione le persone che ti ascoltano di comunicare tra di loro, perché non avrebbe senso individuare gli strumenti per eliminare o smorzare l'apnea che ci accompagna  quotidianamente, vivendo in apnea l'esperienza formativa..."

 

Se all'inizio l'intento dell'allievo, e la sua indubbia stimolazione, aveva più le sembianze di una provocazione, alla fine il suo sguardo sembrava piacevolmente arricchito dalla mia spiegazione, tanto che rispose: "molto interessante!"