Questi due moduli di comunicazione interpersonale sono stati da me utilizzati spesse volte, in varie esperienze formative, e rappresenta, almeno per la parte teorica, il modo di insegnare la comunicazione prevalentemente nei corsi di formazione professionale o anche aziendale, fino agli anni novanta.

                          

LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

 

La comunicazione umana

        

L’interazione sociale dipende dalla comunicazione, cioè dai segnali trasmessi da due diversi sistemi di comunicazione: il linguaggio e il corpo. Il primo tipo di comunicazione è definito “verbale” il secondo “non verbale”.

 

            Il linguaggio umano è un sistema di grandissima complessità, flessibilità e produttività, attraverso esso è possibile informare e persuadere, per cui è possibile tenerlo sotto controllo dalla volontà. Il linguaggio è un sistema segnico arbitrario poiché strutturato sulla base di “codici di significati”.

 

            La comunicazione non verbale è spesso solo in parte sotto il nostro controllo. Il problema sta nel fatto che molte volte non sappiamo se un comportamento è stato una reazione involontaria o un atto di comunicazione. Questo perché anche la comunicazione non verbale si fonda su codici di significati. L’esempio più indicativo è quello del paralinguaggio cioè di tutto quel flusso di movimenti del corpo come gli sguardi, le espressioni del viso, i mutamenti dei gesti che affiorano quando parliamo e che determinano di per sé un sistema di significati. 

       

Che vuol dire comunicare?

 

            Comunicare vuol dire rendere trasmissibile un’ idea o una informazione da un soggetto ad un altro o da un soggetto ad altri soggetti.

Se il messaggio può essere inviato sotto forma d’informazione avremo la trasmissione, nel caso in cui il messaggio sia sotto forma di idea essa deve essere resa plausibile, quindi avremo la manipolazione.

 

            Su questi semplicissimi procedimenti si fonda la ragione stessa del legame sociale, per cui non è pensabile parlare della società e del sociale estromettendo il concetto di comunicazione.

 

Modalità di organizzazione dei fenomeni comunicativi      

 

I fenomeni comunicativi sono usualmente classificati secondo tre modalità di organizzazione, a cui corrispondono tre diverse discipline:

 

-          SINTASSI – Ordinamento degli elementi della comunicazione, dei codici, delle lingue, la loro organizzazione interna, la loro combinazione.

-          SEMANTICA – Rapporto fra comunicazione (lingue, codici, segni) e i suoi oggetti. In tal senso si distingue: a) Semantica referenziale o logica, che studia i segni; e Semantica generale, che studia il significato inteso in senso concettuale.

-          PRAGMATICA – Rapporto fra comunicazione, interlocutori e ambiente in cui avviene. In particolare le azioni che si svolgono per mezzo del linguaggio e della comunicazione.

 

Le forme della comunicazione

 

            Nell’ambito della comunicazione verbale esistono due possibili tipi di esperienze comunicative: la comunicazione sociale, che può essere interpersonale (verbale e non verbale) o di gruppo e la comunicazione di massa. La prima si esprime attraverso un rapporto diretto tra i soggetti; l’altra si caratterizza per la presenza dei mezzi di comunicazione di massa, quali giornali, cinema, radio e televisione.

 

Relazione e Interazione

 

              Nella tradizione sociologica il rapporto individuo-società è stato interpretato secondo due visioni contrapposte: a) la società che condiziona le azioni umane; b) la società condizionata dalle azioni umane.

 

            L’approccio che in questo caso ci interessa prendere in considerazione è il secondo, poiché il primo a formularlo fu Max Weber, che cercando di spiegare le dinamiche sociali, sottolineava che solo gli esseri umani, con le loro azioni possono condizionare la società, per cui quando essi agiscono secondo una precisa volontà si ha la relazione sociale.

 

            Sulla scia degli studi weberiani, Herbert Blumer fondò la scuola dell’Interazionismo simbolico, secondo cui la comunicazione umana è dettata da motivazioni, queste si trasformano in simboli, che determinano la medesima serie di reazioni, dando così luogo al significato: ecco spiegato il concetto di simbolo significante. Vediamo come lo stesso Blumer spiega la sua teoria: “L’interazionismo si basa su tre semplici premesse. La prima è quella secondo cui gli esseri umani agiscono nei confronti delle cose sulla base dei significati che tali hanno per loro. La seconda è che il significato di tali cose è derivato dall’interazione sociale che il singolo ha con i suoi consimili o sorge da essa. La terza è che questi significati sono elaborati e trasformati in un processo interpretativo messo in atto da una persona nell’affrontare le cose in cui si imbatte”.

 

Diagramma della comunicazione verbale

  

           Diversi studiosi hanno, negli anni, schematizzato il processo comunicativo, i nomi più emblematici sono Jackobson e Scrhamm. Quest’ultimo ha inteso il processo comunicativo come rapporto di status tra soggetti, dove un emittente invia un messaggio ad un ricevente che lo incamera.

 

            L’emittente struttura un messaggio ricorrendo ad un insieme di segni convenzionali nella forma voluta e condivisa dal ricevente. Per far ciò l’emittente fa ricorso ad un codice, mediante il quale si ha, appunto, la decodifica del messaggio. Per far questo l’emittente usa un canale. Nel momento in cui il ricevente si appropria del messaggio si ha la fase di decodifica, che si riferisce alla comprensione dello stesso. La fase successiva riguarda l’interpretazione del messaggio, la sua accettazione, la modifica o la ripulsa. Il diagramma si completa col messaggio di ritorno o feedback, che avviene mediante una ricodifica da parte del ricevente, che si trasforma in emittente.

  

            Il diagramma appena esposto rappresenta il processo comunicativo tipico dei gruppi primari, secondari ed effimeri. Il gruppo primario è espresso dalla famiglia, il gruppo secondario dagli amici e quello effimero dalle conoscenze casuali.

  

            Bisogna dire che la fase di codifica è fondante non soltanto dal punto di vista della tecnica comunicativa, ma anche per la configurazione della comunicazione sociale, soprattutto in presenza di due precise funzioni: la pressione e il condizionamento. La pressione è tipica delle società militari, considera il ricevente un’anima morta; è questo il caso di un emittente “autocratico” che predetermina il comportamento del ricevente, per cui il messaggio è a senso unico. Il condizionamento implica invece il concetto di plausibilità del messaggio stesso, in relazione alla scelta del canale e nella forma della verifica. L’emittente opera in maniera tale da far credere al ricevente di aver codificato un suo desiderio.

  

             Attinenti alle funzioni dell’emittente originario è il “pre-feedback” e si riferisce alla fase di codifica, cioè quando l’emittente individua un errore che lo spinge a modificare il suo messaggio nel corso dell’emissione.

  

            In relazione al feedback c’è da dire che il processo comunicativo è un’azione sociale, che, per costituirsi, come abbiamo visto, ha bisogno di un contenuto di senso, e deve essere diretto ad uno scopo. Per la natura stessa di questi elementi, colui il quale si trova a svolgere un ruolo di ricevente di un messaggio è costretto ad assumere o meno un determinato comportamento. Non è insomma necessario che il prefeedback venga restituito al ricevente nelle medesime forme di codifica usate dall’emittente. Nella comunicazione interpersonale o di gruppo l’immediatezza del messaggio di ritorno è si un elemento ineluttabile ma decisivo.

  

I repertori

  

            La comunicazione interpersonale può definirsi come una interazione di repertori, dove per repertorio s’intende ciò che noi siamo ( il bagaglio culturale, l’ideologia, la religione, il tipo di educazione) e ciò che noi sappiamo (le informazioni a cui siamo più esposti).

           

La teoria dei repertori fu elaborata da Lasswell, attraverso uno schema a quattro uscite, dove vengono rappresentate quattro azioni in termini di spazi comunicativi. Nella prima uscita i due spazi-repertori sono distanti, per cui vi è incomunicabilità, cioè la comunicazione è inesistente. Nella seconda uscita gli spazi si toccano appena, quindi la comunicazione è superficiale. Nella terza fase gli spazi si intersecano in modo equilibrato, in linea con una comunicazione efficace o vivace. Nell’ultima uscita il repertorio del primo spazio entra nel secondo: è il caso del condizionamento.

 

L’Entropia

  

L’entropia è un concetto della “Teoria dell’informazione” che sottolinea il degrado di comunicazione per carenza di energia informativa.

           

I parametri attraverso cui definire il rapporto tra comunicazione ed entropia sono quattro…

A)   Contenuto informativo – Si riferisce alla quantità di informazioni contenute nel messaggio. 

B)   Ruolo dell’emittente – Credibilità dell’emittente nel ricoprire quel ruolo.

C)   Capacità dialettica – Capacità di esposizione del contenuto del messaggio.

D)   Intendimenti persuasivi – Capacità di manipolazione del messaggio.

 

Le barriere della comunicazione

  

            Quando la comunicazione può saturarsi? Possiamo catalogare alcune possibili barriere che impediscono al processo comunicativo di svilupparsi.

Limitazione delle capacità del ricevente

 

  • Distrazione

B. “Stress ambientale”: quando rumori, luci abbaglianti,   ventilazione   inibiscono le capacità di ricezione dei messaggi.

C. “Ansietà”: sono gli effetti di droga e alcol che rendono difficile la concentrazione.

  • Assunti taciti
  • Incompatibilità di schemi
  • Influenza di meccanismi inconsci e parzialmente consci
  • Presentazione confusa

 

 

Il negoziato sociale

 

            Immaginiamo che siete stati richiamati dal vostro datore di lavoro, poiché non avete assolto ad un incarico che vi era stato assegnato. Questo atteggiamento darà sicuramente adito a discussioni con amici, colleghi o anche con il vostro superiore, poiché ritenete immotivato il rimprovero. A tal punto vi interrogate sul significato dell’evento, e cioè se il vostro capo nutre rancori nei vostri confronti, se non vi apprezzi nel modo giusto e ne discutete con gli altri.

 

            Con la discussione state negoziando la realtà, cioè cercate di raggiungere con gli altri un accordo soddisfacente sull’interpretazione dell’accaduto. Poiché in genere, le azioni sono ambigue, la negoziazione è una parte essenziale dei normali rapporti.

 

            In base alla comunicazione interpersonale, forgiamo la realtà a partire dalla materia informe dell’ambiguità. Decidiamo insieme se gli altri sono interessati, depressi e audaci e ci comportiamo di conseguenza.

 

Codici ristretti

 

            Il “codice ristretto” è quel linguaggio che ha una forte componente sociale. Quando delle persone fanno parte di un gruppo molto unito e consapevole di esserlo, diverso per qualche aspetto dalla esperienza di altra gente, esse sviluppano un proprio linguaggio. I musicisti jazz, le squadre di calcio, gruppi di adolescenti… I codici ristretti rendono più agevole il formarsi di sentimenti camerateschi tra gruppi di persone, ma restringono le possibilità di rivelazioni personali e di intimità che potrebbero conseguire a queste.

           

Il codice ristretto nasce in situazioni caratterizzate da esperienze comuni e da legami emotivi. Quando chi parla sceglie le parole e lo stile di linguaggio caratteristico del gruppo, egli decide di sottolineare il gruppo come entità o di richiamare l’attenzione su di esso, e sui legami che collegano le persone che parlano o per escludere altri, segnalandone l’estraneità.

 

La comunicazione efficace

 

            In un processo comunicativo occorre, perché si verifichi una comunicazione efficace, superare ostacoli e barriere, attraverso un “decentramento del sé”, che richiede una certa flessibilità mentale e l’assunzione alterna del proprio e dell’altrui schema di riferimento. Gli ostacoli sono di ordine cognitivo ed emotivo e per superarli bisogna innanzitutto riuscire ad assumere il punto di vista dell’altro. Per far ciò occorre decodificare il suo codice linguistico, il suo stile cognitivo, il sostrato socioculturale. Naturalmente oltre alla capacità di tener conto di tutto questo occorre la disponibilità a farlo.

 

            Per realizzare una comunicazione efficace, quindi flessibile, non rigida, non egocentrica, è necessario un “decentramento emotivo”, che possiamo definire in termini di “empatia”: accettare l’altro e mettersi nei suoi panni.

 

            Secondo Rogers (1961) una delle principali resistenze alla comprensione è la paura del cambiamento:

“se mi permetto di capire un’altra persona posso anche essere cambiato da quanto comprendo. Tutti abbiamo paura di cambiare”.       

 

La comunicazione non verbale

 

            Quando qualcuno parla diamo per scontato che vuole essere ascoltato, ma non possiamo essere altrettanto sicuri di questo a proposito dei movimenti del corpo. La cosa diviene chiara se consideriamo la distinzione tra comportamento comunicativo e comportamento semplicemente informativo. Il primo è il comportamento voluto dall’emittente.

 

Es.: vediamo una persona zoppicare, questa situazione ha una valenza informativa poiché si evince che quella persona ha dei problemi di deambulazione; ma lo zoppicare diviene comunicativo se quella persona lo usa volutamente per dare una certa impressione. Il comportamento sociale è una miscela di comunicazione e informazione.

 

            Se il linguaggio è un sistema strutturato nel quale gli elementi possono essere ordinati solo in un certo modo, anche la comunicazione non verbale può essere strutturata in modo analogo. Per esempio i movimenti della testa o delle mani possono essere elementi identificabili in quanto tali, come le lettere, e, combinati in un certo modo, possono formare parole o frasi. A differenza del linguaggio, però, i movimenti del corpo non si verificano in sequenze composte di singoli elementi…

 

            In tal senso la funzione della comunicazione non verbale può essere sintetizzata nella specifica funzione di regolare “miscelare” l’interazione sociale, oltre a quella di esprimere le emozioni e gli atteggiamenti interpersonali.

 

            In ogni cultura esistono norme che regolano comportamenti quali gesticolare, il sorridere, la collocazione spaziale, l’uso dei vestiti e dei cosmetici, il tono della voce e così via. L’essere in pubblico, per il semplice fatto che è possibile essere osservati, ha una notevole influenza sul comportamento. Manteniamo un certo controllo sulle espressioni del volto, sui gesti, sugli atteggiamenti e sulle espressioni. Prestiamo una notevole attenzione al mantenere una distanza spaziale “giusta” tra di noi ed altri estranei. L’invadere il loro territorio e il toccarli inavvertitamente è in genere seguito da reciproche scuse.

 

            L’essere impegnati anche nel tipo più semplice di incontro sociale implica una complessa serie di segnali. Il cogliere lo sguardo altrui è un segnale specificamente sociale. L’intercettare lo sguardo di un altro rende quasi obbligatorio interagire con lui, sia pure per un periodo brevissimo.

 

            In molte società, ed in qualche caso anche nella nostra, gesticolazioni più elaborate sono richieste e codificate dall’etichetta. Durante un incontro sociale entrambe le parti dimostrano, attraverso i movimenti del corpo, le espressioni del viso e i gesti, di seguire ciò che viene detto.

 

            Chi parla mette anche in atto spostamenti posturali del capo e del corpo che accompagnano e sottolineano il contenuto del suo discorso. Per sottolineare un punto fermo in una discussione egli tiene la testa in una posizione particolare, e la sposta quando passa ad un altro punto.

 

            Durante l’interazione ci comunichiamo gli atteggiamenti reciproci inerenti all’interazione stessa. Emettiamo inoltre dei segnali spontanei relativi ai nostri sentimenti, ed anzi possiamo lasciar trasparire indizi che vogliamo frenare o nascondere. Questi indizi sono informativi…

           

            Cinesica

 

            Il modo di gesticolare si riferisce in particolare all’uso di movimenti con le mani ma anche ad altre parti del corpo per comunicare dei messaggi. Noi indichiamo col dito per rendere chiaro quello che vogliamo dire o facciamo un segno brusco per mostrare disapprovazione. Noi facciamo anche uso di gesti fortemente stereotipati che hanno significati molto specifici. Tali gesti sono conosciuti come emblemi e includono lo stringere i pugni per esprimere rabbia.

           

Lo studio scientifico del portamento e della gestualità è conosciuto come cinesica.

            Il tipo di abbigliamento e di aspetto sono sotto diretto controllo conscio, onde presentare l’immagine corporale desiderata.            Dieci sono i gruppi di movimenti umani che hanno funzione significativa e di coordinazione:

  • Contatto fisico
  • Prossimità
  • Orientamento
  • Aspetto
  • Postura
  • Cenni del capo
  • Espressioni del volto
  • Gesti
  • Sguardo

Aspetti non verbali del parlato

 

           Paralinguaggio

 

Gli aspetti non linguistici del comportamento verbale vengono definiti nel loro complesso paralinguaggio, essi comprendono:

qualità della voce – qualificatori vocali: tono e risonanza

vocalizzazioni – caratterizzatori vocali: riso, pianto, sospiro; segregati vocali: suoni di commento: uhm…, oh…

 

            Prossemica

 

            Per “Prossemica” s’intende l’uso dello spazio sociale e personale e la percezione di esso da parte dell’uomo.

 

Il contatto corporeo è, nella cultura occidentale, una sorta di tabù; e questo sembra un controsenso in una società decongestionata dalle icone tendenti alla fisicità di massa. Ogni giorno siamo sottoposti a messaggi a sfondo sessuale, che riportano i vissuti personali all’interno di spazi sociali tendenti all’esaltazione dei corpi. Questo tipo di manifestazioni sono per lo più riscontrabili nell’uso dei simboli significanti della nostra società, che attraverso la pubblicità sono veicolati attraverso il sistema “Consenso-consumo”. Cioè a dire: siamo indotti a consumare simboli tendenti alla mercificazione dei corpi, sdoppiando il concetto stesso di “relazione”. Da un lato la sessuofoba utilizzazione dei corpi femminili, ma anche maschili, insiti in un processo ancoraggio ai remoti e oscuri meandri del subconscio, dall’altro il contatto fisico è sinonimo di disagio poiché implica un’invasione nello spazio personale.

 

La distanza che le persone assumono traduce il tipo di relazione sociale che intercorre tra i soggetti.

 

Distanza intima

La presenza dell’altro è evidente a causa dell’intensificarsi dei rapporti sensoriali.

Fase di vicinanza – Amplesso, lotta, confronto, protezione.

Fase di lontananza (15-45 cm) – Può essere colto il calore e l’odore del respiro altrui anche se fuori dal campo visivo.

 

Distanza personale

Fase di vicinanza (45-75 cm) – La posizione assunta è indizio dei loro rapporti sociali e dei sentimenti: possibilità di entrare in rapporto con l’altro mediante le estremità.

Fase di lontananza (75-120 cm) – Dalla soglia di intervallo che consente di toccare l’altro alle dita che si toccano allungando le braccia. Si discutono argomenti a carattere personale.

 

Distanza sociale

Fase di vicinanza (1,20-2,10 m) – Trattazione di affari impersonali, incontri e convenevoli occasionali.

Fase di lontananza (2,10-3,60 m) – Lavorare in presenza di altri senza apparire sgarbati.

 

Distanza pubblica

Fase di vicinanza (3,6-7,5 m) – Azione evasiva o difensiva o reazione di fuga.

Fase di lontananza (da 7,5 m in su) Distanza che si stabilisce in occasioni pubbliche.

 

Inoltre, differenti modi di sedere sono appropriati per scopi differenti. Sedersi di fronte è appropriato per competere o vendere, mentre sedersi a fianco è più appropriato per cooperare in qualche modo. L’altezza può essere importante poiché implica predominio. Una sedia alta dietro la scrivania larga, accoppiata con una sedia per ospiti bassa ci dà sia predominio che distanza.

 

 

Schematizzazione della comunicazione non verbale

 

       Linguaggio di relazione                               Linguaggio delle emozioni

       Fornisce informazioni sulla relazione          Espressione delle emozioni

       interpersonale

 

       Linguaggio del corpo                                   Linguaggio metacomunicativo

       Esprime atteggiamenti inconsci                   Fornisce elementi mediante i   quali

       circa l’immagine di sé e del corpo               interpretare il significato delle

                                                                             espressioni verbali

 

 

PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

 

La Scuola di Palo Alto e gli assiomi della comunicazione umana

 

            La Scuola di Palo Alto costituisce una delle più significative esperienze scientifiche nell’ambito degli studi sui processi comunicativi interpersonali. Essa assume il campo della pragmatica per contestualizzare l’approccio psicoterapeutico, come progetto analitico, finalizzato ad osservare le psicopatologie come prodotto di disturbi della comunicazione. Negli ultimi anni, gli studi della Scuola di Palo Alto sono andati ad intrecciarsi con le analisi sul fenomeno dell’autopoiesi, che punta sul concetto di autoalimentazione del sistema sociale, attraverso la comunicazione, tra i sottosistemi.

 

            Il più importante studio della scuola di Palo Alto può essere considerato “La pragmatica della comunicazione umana”, di Watzlawick, Beavin e Jackson. Qui vengono elaborati gli assiomi della comunicazione, semplici proprietà che hanno, appunto, ricadute di tipo interpersonale…

 

Gli assiomi della comunicazione

 

NON SI PUO’ NON COMUNICARE   - Non esiste una attività umana incapace di trasmettere informazioni intenzionali o inconsapevoli. Qualsiasi relazione umana è fonte di comunicazione, poiché funzionale al comportamento umano. “Il comportamento non ha un suo opposto… non esiste qualcosa che non sia un non-comportamento… non è possibile non avere un comportamento… se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare…”                       

                                                                        

LA COMUNICAZIONE COME CONTENUTO E RELAZIONE - Sappiamo che la comunicazione può essere verbale e non verbale, attraverso la prima si veicola il contenuto, mentre con la seconda la relazione. In ogni situazione comunicativa non vengono trasmesse unicamente informazioni o “indizi”, il contenuto, appunto, ma anche le modalità per interpretarle, la relazione. In quest’ultimo caso si può parlare anche di metalinguaggio.

 

LA COMUNICAZIONE NUMERICA E ANALOGICA - Questa distinzione attiene alle tecnologie comunicative d’uso comune nella normale vita di relazione. Le tecnologie numeriche rappresentano i loro oggetti mediante una visualizzazione in cifre: computer, lettore CD, telegrafo. Le tecnologie analogiche sono strumenti che mantengono un rapporto di causalità diretta con i fenomeni da essi calcolati o trasmessi: il termometro, la macchina fotografica.

 

LA COMUNICAZIONE E’ SIMMETRICA E COMPLEMENTARE - Ogni relazione sociale viene condotta da due soggetti, emittente e ricevente, che ricoprono ruoli, funzioni e status. Una comunicazione è simmetrica quando l’emittente e il ricevente sono sullo stesso piano: due fratelli, due colleghi di pari grado… E’ invece complementare quando i due soggetti ricoprono ruoli differenti, con responsabilità diverse: padre-figlio, docente-studente… Se una comunicazione complementare viene travestita in simmetrica, il rapporto comunicativo diventa difficile o anche patologico.

 

LA COMUNICAZIONE COME SEQUENZA – La natura di una relazione dipende dalla “punteggiatura delle sequenze di comunicazione” tra il mittente e il ricevente: A: mi chiudo in me stesso perché non sopporto le tue lamentele

B: mi lamento perché ti chiudi in te stesso.

 

Nella comunicazione è decisivo stabilire i rapporti di causa ed effetto, cioè la modalità attraverso cui si determinano i ruoli comunicativi: chi trasferisce informazione e chi la riceve, chi agisce e chi reagisce, queste operazioni vengono appunto definite “punteggiatura della relazione”.

 

I Paradossi pragmatici della comunicazione umana

 

Il paradosso è una contraddizione che deriva da una deduzione corretta da premesse coerenti.

 

Watzlawick, definiva così il paradosso come concetto generale, che nella sua forma più frequente si definisce in termini di “ingiunzione paradossale”, che richiede un comportamento specifico, tale da renderlo impossibile…

 

Es.: “Sii spontaneo!“ Essere spontaneo di fronte ad una ingiunzione imperativa è una posizione insostenibile. Accondiscendere all’obbligo di essere spontaneo di per se presuppone una non spontaneità.

Es.: Devi amarmi; Non essere ubbidiente; Voglio che tu mi domini.

 

                                                           BIBLIOGRAFIA

 

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-            Watzlawick,P.-Beavin,J.H.-Jackson, D.D., “Pragmatica della

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