LA SCUOLA DELLE ARTI PERFORMATIVE

 

L'idea di una Scuola delle arti performative venne fuori alla fine degli anni novanta in Sicilia, mettendo insieme gli obiettivi di esperienze didattiche diverse, tutte legate però al concept della performazione: dall'animazione turistica e territoriale ai laboratori del comportamento, costruiti sulla pedagogia teatrale. Uscì fuori un progetto realizzato per pezzi ma mai nella sua interezza.

 

PREMESSA

 

La messa in atto di una scuola delle “Arti performative”, si pone l’obiettivo prioritario di assicurare un’azione di “professionalizzazione” e accompagnamento al lavoro, nei confronti di quella fascia giovanile tendenziale che va dai 18 ai 32 anni, nell’ambito performativo e della rappresentazione di eventi.

 

L’intervento intende formare giovani in grado di muoversi con agilità e competenza in un settore che per la sua complessità necessita di “esperti promotori”, che sappiano organizzare interventi e proporre politiche di sviluppo del territorio.

 

Muoversi nel mondo del lavoro, per le sue caratteristiche di flessibilità, ma anche di incertezza, diventa difficile se la comunità non si fa partecipe essa stessa nel creare le condizioni migliori per potersi integrare nel “mondo dei grandi”.

 

Ecco spiegata la ragione per cui il performer è fisiologicamente un agente di sviluppo locale, e la sua azione può davvero rappresentare un punto di riferimento territoriale.

 

Intervenire sul territorio, dunque, presuppone la messa in atto di strumenti atti a produrre il risultato di una migliore integrazione dei gruppi sociali ad una unica comunità.

Questo tipo di direzione intrapresa può essere condensata in alcune parole d’ordine proprie alla scienza animativa…

 

RISCHIO:

uscire, andare verso, andare incontro.

RIPENSAMENTO:

dare significato ai vissuti e alle azioni.

FIDUCIA:

credere che l’altro esista, che ha qualcosa da offrire.

PAZIENZA:

saper aspettare i tempi altrui.

POLITICA:

studiare l’ambiente e il contesto, definire le risorse, costruire un sociogramma.

GRUPPO:

nessuno educa nessuno, nessuno educa se stesso, ma ci si educa insieme.

PROGETTAZIONE:

obiettivi raggiungibili con strategie precise.

 

OBIETTIVI FORMATIVI

                                   

Il performer può dunque essere inteso come agente di sviluppo locale. E’ facile comprendere come questa direzione sia naturale, poiché il performer è un operatore capace di comprendere, prevedere e orientare i comportamenti delle utenze, in differenti situazioni. La sua azione deve essere mirata a sviluppare negli utenti, in modo dinamico, la capacità di saper essere per saper fare. Saper essere con gli altri significa comprensione, accettazione e interazione con usi, costumi, valori, dimensioni sociali differenti: il tipo di utenti con   cui lavora sono esseri umani e l'obiettivo per cui lavora riguarda il recupero più ampio possibile delle potenzialità di ciascuno.

 

Egli deve in sostanza saper leggere il territorio nei suoi aspetti culturali, sociali, economici, ambientali e artistici, per utilizzare, nello svolgimento delle attività, differenti aspetti ed elementi della realtà. Le sue capacità operative si rivolgono principalmente alle tecniche di gruppo, nell’uso di strumenti atti a sviluppare attività di comunicazione che gli consentano di operare con finalità educative oltre che ricreative.

 

In un ipotetico elenco che voglia indicare le capacita essenziali del performer vanno inserite:

 

-          la capacita di affrontare e di saper gestire situazioni nuove;

-          la capacita di investire emotivamente su persone, gruppi, iniziative;

-          il controllo dell'ansia;

-          la vitalità intesa come energia e come non arrendevolezza;

-          la facilita di approccio interpersonale e di creazione di un buon

-          "clima" di gruppo;

-          la capacita di esprimere se stesso e di continuare il proprio processo di "crescita" e di "espansione" del proprio Io.

 

La formazione di operatori di questo tipo ha come elemento essenziale lo sviluppo dell'Io, il suo rafforzamento ed il suo ampliamento, fino a raggiungere una situazione il   più   possibile   soddisfacente,   gratificante   e "produttiva". Dunque occorre lavorare per ricostruire innanzi tutto l'identità della persona nella sua completezza, aiutarla cioè a trovare dei punti di riferimento che possono costituire almeno l'avvio alla costruzione della soggettività.

 

Un intervento formativo in questo senso richiede di agire secondo i principi di un'etica che rispetti comunque le scelte individuali e che offra delle opportunità, senza pero in nessuna maniera vincolare o "costringere" in qualsiasi direzione. In altre parole, la formazione non deve essere un momento coercitivo. Ciò richiede che innanzi tutto venga fatta una selezione. Gli scopi di una tale operazione sono:

 

-          costruire un quadro il più possibile preciso delle caratteristiche di fondo della persona;

-          conoscere e "misurare" la motivazione al tipo di ruolo e di funzione;

-          far comprendere a fondo il tipo di scelta che si sta per compiere ed aumentare la consapevolezza.

 

Se è certamente vero che la formazione è uno strumento molto potente ed efficace per preparare ed adattare un individuo ad una certa attività/professione, è anche evidente che alcune "predisposizioni naturali" possono facilitare questo processo. E per lo meno si possono evitare persone troppo fragili, con problemi esistenziali di fondo irrisolti o che richiedono interventi terapeutici, con tratti di personalità che sono di ostacolo e di freno più che di aiuto in una professione delicata come quella del performer.

 

La motivazione è una variabile di estrema significatività perché esprime il desiderio, l'energia, con cui si intende perseguire il proprio scopo. Spesso è talmente importante che può modificare il giudizio ricavato dalle caratteristiche principali della personalità di un individuo.

 

Per esempio, può convincere il selezionatore a "compiere un rischio" cioè a ritenere meno frenanti alcuni dati di personalità proprio alla luce di un forte e genuino interesse, e a ritenere che la persona in tale situazione sia in grado di utilizzare l'opportunità della formazione in modo ottimale e con grandi benefici. Dalle caratteristiche individuali e dalla motivazione si può dedurre ciò che ancora è nascosto o che risulta comunque poco visibile nell'aspirante performer e cioè l'esistenza, anche in luce, di elementi che il tipo di formazione prevista può contribuire a sviluppare. Stimolando quindi qualcosa che già esiste, senza particolari forzature e costrizioni.

 

           Un altro aspetto che va considerato di grande importanza riguarda il livello di consapevolezza che l'aspirante performer ha rispetto a quello che dichiara di scegliere come suo futuro professionale. Non si tratta di controllare il grado di precisione con cui è conosciuto lo specifico della professionalità, ma "l'immagine" che esso ne ha. Non si tratta di fare una valutazione etica, ma di cercare di conoscere le aspettative più profonde nei confronti del futuro e quindi anche il livello di consapevolezza nei confronti dei possibili problemi che toccano questa professione.

 

Chi nutre aspettative che non possono trovare riscontro nella realtà potrebbe poi trovarsi in una situazione difficile quando non tragica. In questo caso l'intervento formativo potrebbe essere efficace in termini di risultati generali, ma potrebbe non impedire il fenomeno della caduta di interesse per la "delusione" delle aspettative iniziali o rendere difficile, quando non impossibile, la risoluzione dei problemi connessi con la gestione della professione dell'animatore.

 

Fare un buon lavoro di selezione significa darsi maggiori possibilità di riuscita non solo nel processo formativo, ma anche riguardo alla "mortalità" professionale: il fenomeno degli abbandoni, sia durante lo svolgimento della formazione, sia di fronte ai primi problemi di lavoro o alle difficoltà proprie a questo tipo di attività. Una buona selezione consente di ottimizzare e potenziare i risultati della formazione per il solo motivo che si opera su e con un terreno fertile e ricettivo che dunque rende moltiplicato lo sforzo didattico e l'investimento di energie che viene "utilizzato" nell'intervento educativo.

 

Infine consente di compiere una scelta che per certi aspetti può apparire ingiusta ed emarginante, ma che produce come conseguenza un netto miglioramento qualitativo del "prodotto" finale. In qualsiasi caso certamente vale la pena di puntare sulla qualità, ma tanto più in questa situazione dove viene richiesto di assumere una professione particolarmente complessa e delicata e dall'utilizzo della quale a volte ci si aspetta la trasformazione della società.

 

In tal senso un intervento formativo deve tendere a trasferire le strategie per lo sviluppo, appunto, del contesto economico e sociale, sviluppando capacità di adattamento ai repentini mutamenti di gusti e tendenze culturali e sociali.

 

DESCRIZIONE DEL PROGETTO NELLA CENTRALITA’ DELL’AZIONE DIDATTICA

 

La preparazione tecnica e la pedagogia teatrale di un performer adatto alla sperimentazione non è la stessa di un attore del teatro tradizionale, questo è un dato acclarato dalla storia del teatro di tutto il ‘900. 

 

Da Stanislavskij (1863-1938) in poi, ma in modo definitivo da Grotowski (1933-1999) e Barba (1936-) in poi, quindi soprattutto negli ultimi trent’anni di storia del teatro, la pedagogia per attori abbia nettamente separato i propri metodi tra l’esclusivo intrattenimento e la Ricerca; le pedagogie si separano proprio al separarsi degli interessi specifici e degli obiettivi da conseguire. Volendo ridurre in formule potremmo dire che tra la pedagogia tradizionale e la “nuova pedagogia” vi sta l’Antropologia teatrale ossia il campo di studi inaugurato negli anni ’70 da Eugenio Barba, massimo sistematizzatore vivente del teatro di Ricerca e delle sue pedagogie. 

 

Naturalmente si parla per formule, ma lo scopo primario di “formare” in giovani attori e registi un’attitudine alla Ricerca teatrale significa impostare il lavoro per evitare le formule; la particolarità di un “ricercatore teatrale” sta infatti nel considerare la propria preparazione sempre in divenire, un cantiere costantemente aperto.

 

Per ottenere ciò è opportuna la fondazione di un corso formativo almeno biennale che si dedichi: allo sviluppo pratico delle pedagogie per attore inerenti alla sperimentazione, allo sviluppo di tecniche musicali e di canto popolari, allo studio di lingue straniere e della comparazione performativa tra queste.

Lo studio e l’applicazione costante delle tecniche principali formalizzatesi in alcune esperienze del ‘900 da cui sono discesi dei rispettivi Moduli pedagogici, li citiamo schematicamente qui di seguito:

 

-          Modulo Stanislavskij:dal sistema pedagogico del grande regista russo apprenderemo i principi basilari della “psicotecnica del comportamento”; da lui è partita sempre ogni seguente esperienza di “nuova pedagogia per attori”; i suoi numerosi scritti e il corpus abbondante dei suoi “esercizi fisici” selezionati opportunamente, danno agli allievi la conoscenza e la manipolazione sostanzialmente di 2 elementi tecnici: la “costruzione” dello stato d’animo del personaggio e lo studio delle “circostanze date” di un contesto espressivo.

-          Modulo Living theatre: dal nome del grande gruppo teatrale newyorchese; si tratta del modulo più specificatamente dedicato all’”improvvisazione creativa” fisica e vocale; dagli storici esercizi collettivi del gruppo di Julian Beck e Judith Malina possiamo attingere allo scopo di lavorare sulla capacità immediata di un attore di riempire il “vuoto espressivo iniziale”, di produrre suoni ed azioni che non conosciamo, che non sappiamo di avere.

-          Modulo Grotowski: E’ il modulo dei training fisici e vocali. Con Grotowski la pedagogia per attori giunge alla concezione di un intenso e quotidiano allenamento specifico che attraversi il corpo dell’attore allo scopo di condurlo ad un dominio dei propri impulsi. Grotowski individua nella”sfida” del corpo a sottoporsi a movimenti ritenuti pericolosi il migliore antidoto contro le “maschere” sociali e tecniche.

-          Modulo Barba: Questo modulo contiene esercizi fisici e vocali formalizzanti il training storico per attore più importante del ‘900, direttamente conseguente del precedente ma portato nel tempo alla sua formalizzazione più precisa e perfetta; lo studio dell’antropologia teatrale; schematicamente diremo che esso offre la consapevolezza dell’esistenza di due livelli specifici del comportamento umano: quotidiano ed extra-quotidiano, ciascuno di essi ha le sue tecniche che variano al variare dell’epoca e della cultura che li esprime.

  

METODOLOGIE FORMATIVE

 

Tutto quanto indicato fino ad ora raramente si trova come disposizione naturale in un individuo e comunque, anche quando questo accade, la formazione e necessaria per "sistematizzare" pratiche e abilità. La particolarità della situazione rende impossibile ottenere dei risultati, in termini di apprendimento, utilizzando sistemi tradizionali quali lezioni frontali, ascolto di conferenze o partecipazione a dibattiti.   O perlomeno, tutto questo può certamente   essere utilizzato, ma come supporto e non come fonte principale ed esclusiva del processo. In altre parole, ciascuno   può   sperimentare   direttamente le   sue   modalità   di comportamento, di reazione, di intervento, e cosi via, in differenti situazioni che lo vedono attore protagonista e non passivo spettatore.

 

Tali metodi hanno sostenitori illustri in psicologia e pedagogia quali Lewin e Dewey . Questi due studiosi   hanno   posto le basi teoriche e   hanno   praticamente sperimentato il metodo autocentrato ed il metodo attivo.

 

Con "autocentratura" Lewin intendeva riferirsi ad una particolare caratteristica della situazione che rendeva tutti i partecipanti soggetti attivi, quindi determinanti di quanto succedeva, ma anche oggetto dell'osservazione che si faceva su quegli avvenimenti che si andavano sviluppando. In pratica ogni persona in tale contesto affronta la situazione direttamente ed ha la possibilità di riflettere su ciò che va facendo anche con l'aiuto degli altri partecipanti, e del docente del gruppo presente in questa situazione.  

 

Individuo e gruppo costituiscono materiale di riflessione e contenuto dell'esperienza che senza di loro   non esisterebbe. Più semplicemente il metodo attivo richiede la sperimentazione, in prima persona, di una certa procedura anche molto tecnica, per possederla e saperla poi applicare correttamente anche in contesti diversi.

 

            L’apprendimento attivo, necessario per la formazione di un performer, non può però prescindere da fasi d’interazione frontale dove vengono letti e meditati alcuni processi teorici sostanziali, come ad esempio i costrutti etici e la filosofia dell’essere performer.

 

Il lavoro in equipe, la professionalità, il rispetto dei ruoli funzionali, le regole proprie al sacrificio e alla fatica, prima che essere messe in pratica negli interventi attivi e nelle attività laboratoriali, devono essere sistematizzati nell’ambito di percorsi di ricerca di se stessi attraverso informazioni, appunto sul saper fare…

 

LA TECNICA DELL’ENCOUNTER

 

Si tratta di una tecnica autocentrata di gruppo che ha lo scopo di far sperimentare l'incontro fra un individuo e gli altri, in questo caso i membri del gruppo. Due sono gli elementi su cui si concentra l'attenzione: le modalità di approccio e la comunicazione come fenomeno fondamentale del gruppo per creare una rete dinamica di connessioni.

 

Le aree della persona che vengono esplorate da questa tecnica riguardano   l'identità,   il "chi sono io" e   le   modalità   di comunicazione. Chi credo io di essere e chi sembro agli altri e quali parti di me sono cosi nascoste da sembrare inesistenti. Come mi esprimo e come mi lascio conoscere.

 

Per quanto riguarda il secondo aspetto, sono oggetto di osservazione :

 

- il contenuto dei messaggi

- i codici verbali usati per esprimersi

- la quantità e la "qualità" dei destinatari del mio messaggio

- gli ostacoli e le facilitazioni alla comunicazione

- la comunicazione non verbale che utilizzo

- il rapporto fra comunicazione verbale e non verbale che ogni

individuo utilizza

- il rapporto fra contenuti razionali ed emotività espressa.

 

Il gruppo è stimolato in quest'esperienza da un “facilitatore” il cui compito è quello, appunto, di facilitare il processo di consapevolezza. Come esseri umani, noi abbiamo molti modi per entrare in contatto con altri nostri simili. Se tracciamo una linea immaginaria e poniamo ad una estremità la superficialità e dalla parte opposta la profondità abbiamo gli estremi possibili del nostro approccio: quando si incontra una o più persone si decide a che punto di questa linea immaginaria ci si pone per entrare in contatto con loro, sempre che ciò sia necessario e che non sia invece possibile evitare del tutto l'incontro. Il tipo di approccio sarà dunque determinato dalla scelta di posizione compiuta e "imposterà" la struttura del successivo rapporto.

 

Per esempio, in proporzione al grado di freddezza con cui salutiamo una persona, la guardiamo in faccia, le sorridiamo nelle prime fasi di presentazione, o addirittura ancora prima, avremo di rimando   simili atteggiamenti sostenuti, guardinghi, quando   non addirittura ostili. Spesso nella vita quotidiana succede che noi non comprendiamo perchè questo avviene e con molta frequenza ne demandiamo la responsabilità al nostro interlocutore.

 

L'encounter-group è una situazione formativa che permette a ciascuno di riflettere sulle proprie modalità caratteristiche, di entrare in contatto con altri e di comunicare con loro. Nessuno e costretto a modificare i propri atteggiamenti o ad utilizzare nelle comunicazioni un livello di intimità che non gli è consono o gradito. Ma la situazione stimola a prendere in considerazione quanto va accadendo e a porsi dei quesiti a cui si può trovare risposta solo guardando in se stessi. In più, per comunicare con qualcuno è necessario avere qualcosa da scambiare con lui: c'e chi considera sufficiente scambiare impressioni sul tempo metereologico e chi ritiene di aver bisogno di sapere qualcosa in più di se stesso prima di poter entrare in contatto con gli altri. C'e chi e disposto a comunicare con grande profondità ma solo con alcune persone che considera "speciali", e c'e’ chi con sforzo, ma anche con soddisfazione, riesce un po' alla volta a stabilire un buon livello di intimità anche fra più persone che conosce minimamente. C'e chi ha naturalmente un atteggiamento aperto e chi invece è chiuso, timoroso, difeso e sempre in guardia.

 

L'encounter-group stimola la possibilità di riflessione perché è una tecnica molto strutturata, che cioè utilizza, accanto agli interventi verbali del facilitatore del gruppo, sue proposte operative, cioè esercitazioni di vario genere che mettono i presenti in azione", producendo così molto materiale osservabile. L'attenzione è concentrata sui singoli individui e non sul gruppo che in questa situazione non è considerata come entità sotto osservazione.

 

Tutte le esercitazioni, i giochi, ecc. servono per aiutare gli individui presenti ad incontrarsi fra loro, ad esprimere sensazioni, reazioni di ogni genere cercando di evidenziare il più possibile tutti gli elementi che caratterizzano la comunicazione cosi come per chi la invia agli altri. Se vogliamo tradurre in estrema sintesi, va detto che l'apprendimento possibile riguarda anche la congruenza fra ciò che viene espresso e le modalità che vengono usate per farlo e che dovrebbero garantire anche la "rispondenza emotiva".

 

 TRAINING-GROUP

 

Si tratta di una tecnica autocentrata che è stata definita da Rogers "la più significativa scoperta delle scienze sociali in questo secolo". Per alcune caratteristiche esteriori il T-group è simile all'encounter. Ci sono però differenze di sostanza per quanto riguarda altri elementi:

  •  l'attenzione è focalizzata sul gruppo e non sui singoli individui;
  •  ciò che interessa sono i processi e le dinamiche di gruppo;
  •  indipendentemente dagli argomenti di discussione e di dibattito;
  •  il facilitatore dell'esperienza limita al massimo i suoi interventi, che comunque riguardano sempre il gruppo nella sua totalità;
  •  il gruppo è considerato un meccanismo che vive in una situazione di equilibrio e di interdipendenza, per cui ogni "movimento" di una sua parte influisce su tutto il contesto e d'altra parte ogni elemento singolo e influenzato dal tutto;
  • esiste una regola di comportamento che ha valore per tutti i presenti, membri del gruppo e facilitatore, che riguarda l'oggetto di riflessione: "noi, qui ed ora" e cioè il gruppo nelle caratteristiche con cui è costituito, nello spazio fisico in cui si svolge l’interventoe nel presente. 

  

Ciò che viene analizzato, che è oggetto di riflessione è dunqueciò che avviene all'interno del gruppo e in particolar modo tutti i fenomeni che percorrono questa situazione che si evolve da aggregato di persone che non si conoscono a gruppo in cui esistono rapporti significativi .

 

 Le dinamiche principali quali quella della comunicazione, della socializzazione,   dei ruoli, della presa di   decisioni   vengono evidenziate dal facilitatore del gruppo allo scopo di rendere lo stesso e tutti i suoi membri consapevoli nel momento stesso in cui stanno vivendo l'esperienza.

 

 Aumentare la consapevolezza significa anche mettere in grado di comprendere quali sono i tipi di processo che facilitano o inibiscono il funzionamento di un gruppo. Dunque di conseguenza attraverso il T-group   è possibile avviare processi di cambiamento, a   livello individuale e collettivo, che rendano possibile superare situazioni critiche

 

SIMULAZIONI

 

 Con questa denominazione si indicano interventi che organizzano esperienze "come se..." creando situazioni che siano abbastanza vicine alla realtà da non apparire grottesche, ma abbastanza staccate da essa cosi da consentire la sperimentazione di nuovi comportamenti.

 

 In un encounter il partecipante agisce "come se" incontrasse persone nuove con cui vuole mettersi in relazione; e nel T-group succede quello che avviene normalmente quando nasce un nuovo gruppo, di amici per esempio.

 

 L'unica   differenza   con la realtà, in questi   casi,   riguarda l'accelerazione degli avvenimenti: nella vita quotidiana è necessario molto tempo per riuscire a far parte di un gruppo "vero". In un intervento formativo che utilizza la tecnica del T-group tutto avviene nella stessa maniera, ma la concentrazione del tempo, la vicinanza fra le persone rendono la situazione simile a quella di un laboratorio scientifico dove si studia l'evoluzione di una certa specie vegetale, o animale…

 

 Solo esiste, per chi è presente, la possibilità di osservare e di riflettere di conseguenza su quanto ha visto imparando molte cose che poi saranno a lui stesso e agli altri di grande utilità. Lo stesso avviene se ad essere osservato è l'essere umano e ancor meno esiste in questi casi un problema etico, in quanto osservato ed osservatore   coincidono,   eliminando   qualsiasi   problema   di "sfruttamento".

 

 Partendo da questi principi, che sono alla base delle tecniche autocentrate, è possibile realizzare simulazioni di grande respiro, che coinvolgono un gran numero di persone, rendendole partecipi a tutti i livelli di quanto viene proposto e consentendo un apprendimento molto significativo, in particolare rispetto   alla gestione di situazioni complesse e "popolate" in modo considerevole.

 

 Ma vengono indicate come simulazioni anche altre attività didattiche più semplici, che hanno scopi addestrativi e che ricostruiscono "spaccati" di situazioni sulle quali e possibile esercitarsi senza pericoli. In questi casi è richiesto un particolare impegno a tutti i presenti, perché è necessario immergersi nella situazione proposta il più rapidamente possibile, mantenendo un buon livello di autenticità e cioè non "recitando" artificiosamente, ma esprimendo le proprie reazioni in rapporto a quanto va accadendo.

 

 Anche se può sembrare il contrario, spesso si riescono ad ottenere velocemente dei buoni risultati in termini di coinvolgimento e di partecipazione attiva offrendo una quantità minima di elementi che connotano la situazione da simulare. E' come se, dato per possibile un certo avvenimento, ci si misurasse con esso "per prova", mettendo in luce dunque le reazioni personali, razionali ed emotive, ed in tal modo offrendo materiale per una riflessione sia individuale che di gruppo.

 

           L'apprendimento in queste situazioni e in varie direzioni:

-        a livello personale rispetto alle proprie modalità di reazione che potremmo definire istintive, con la possibilità di modificare   alcuni comportamenti e di sperimentarne l'effetto e l'efficacia   nella situazione specifica;

     -      a livello di gruppo, perché tutti sono coinvolti nell'esercizio e

quindi tutta la situazione collettiva ne ricava influenze e vive in

relazione ad essa particolari dinamiche e fenomeni che

comunque possono essere analizzati ed elaborati a livello   

professionale, perfezionando le proprie capacita di

osservazione e di diagnosi di una realtà complessa

e variegata.

 

Da questo punto di vista   la situazione può essere definita "protetta" in quanto, qualunque errore possa essere commesso, esso può essere corretto dal formatore responsabile didatticamente di quanto avviene e può essere utilizzato dal gruppo per migliorare l'apprendimento puramente tecnico.

 

Inoltre anche questa tecnica consente l'uso dell'autocentratura , cioè affida ai presenti la possibilità di fare i conti con le proprie reazioni anche emotive e di utilizzare i membri del gruppo come stimolatori di ulteriori apprendimenti.

           

            Queste tre tecniche formative inglobano alternativamente le metodologie tipiche dell’apprendimento attivo come il Case Study e il Role playing. Il primo, lo studio del caso pratico permette di osservare e analizzare dall’esterno un esperienza già in atto per poi simularla in un’altra fase. Il gioco di ruolo è invece propria ai processi d’interazione di gruppo che abbiamo visto precedentemente.

 

SISTEMA DI VALUTAZIONE E VERIFICA DEGLI INTERVENTI FORMATIVI

 

            Verifiche e valutazioni rappresentano quell’interconnessione di sistema che rende possibile la variabilità dell’efficacia degli interventi formativi.

 

            Le verifiche vengono organizzate all’interno di ogni modulo, vengono decise omogeneamente, rispettando naturalmente la diversità dei parametri attinente ad ogni singola disciplina o attività. Le verifiche devono tener conto unicamente delle risultanti nel processo di apprendimento e quindi attengono alla sfera del saper fare.

 

            Possono essere formalizzate con le forme dei test, ma anche con un monitoraggio di tipo orale o performativo. Cosa importante è che precedentemente all’inizio dei corsi vengano concordati con i docenti i parametri attraverso cui mettere in atto le verifiche. Questo avverrà con la redazione di un regolamento interno alla struttura formativa.

 

            Stessa cosa per i sistemi di valutazione, i quali devono puntare prima di tutto sul “saper essere”. Possono essere qualitativi o quantitativi o tutte e due insieme.

 

            Tecnicamente comunque il rapporto tra verifiche e valutazioni intermedie devono rispondere al raggiungimento dei crediti formativi previsto per ogni modulo. Se a fine corso l’ammontare dei crediti formativi non viene raggiunto, non si può accedere all’esame finale, e quindi al conseguimento del diploma. La prova finale corrisponde ad una singola prova di abilità performativa, preparata singolarmente durante il project work.

            I sistemi di verifica e valutazione vengono elaborati all’interno delle schede di valutazione.

 

ORGANIZZAZIONE DIDATTICA

 

            L’organizzazione didattica inerente al progetto della Scuola di Animazione vede due diversi piani d’intervento: l’organizzazione di una struttura di gestione degli interventi formativi, e la composizione di un corpo docente omogeneo.

 

IL CORSO DI STUDI

Il corso di studi Arti performative, è organizzato didatticamente sulla base moduli disciplinari e unità didattiche.

 

STRUTTURA DI GESTIONE

            La struttura di gestione consta di alcune figure gestionali e organizzative fondamentali…

-          Direzione didattica

Ha la responsabilità didattica degli interventi; deve essere ricoperta da un esperto in formazione e animazione, il quale deve controllare l’iter didattico e monitorare il processo di apprendimento. Deve inoltre collaborare con i docenti nella messa a punto delle schede didattiche degli allievi, rendendo omogenei tra loro i singoli obiettivi dei moduli disciplinari, attraverso riunioni didattiche e seminari per i formatori.

-          Segreteria didattica

Lavora in sinergia con la Direzione nell’espletamento delle attività pratiche dell’ufficio. Necessita di capacità di comunicazione telefonica, di relazione esterna, di conoscenza del pacchetto office e di sufficienti capacità organizzative. Lavora in sinergia col Tutor e la Segreteria amministrativa per il fabbisogno strumentale e materiale dell’aula.

-          Segreteria amministrativa

Controlla la gestione contabile e amministrativa della struttura, rispondendo di questa alla direzione. Necessita di esperienza nel campo contabile e amministrativo, e conoscenza del pacchetto office.

-          Tutor d’aula

Figura fondamentale nella gestione d’aula, poiché deve fare da riferimento ai bisogni dei docenti e degli allievi. Deve avere il controllo delle dinamiche di gruppo tra gli allievi. Lavora in sinergia con la direzione, anche nell’elaborazione delle fasi di verifica e della redazione delle schede didattiche.

Deve avere esperienze nell’ambito dell’animazione.

 

CORPO DOCENTE

 

            Il corpo docente del corso in Arti performative è formato da esperti di dinamiche di gruppo e sistemi di relazione, quali sociologi e psicologi, e ancora esperti di arti performative come attori o registi professionisti, possibilmente di scuola, Ballerini, coreografi, musicisti.

Questi devono essere coadiuvati dal direttore didattico per far si che gli obiettivi dei singoli moduli vengano raggiunti in linea con l’obiettivo complessivo del corso di studi. Redigono insieme al direttore e al tutor le schede didattiche.

 

DURATA

-          200 ore

 

ORGANIZZAZIONE CALENDARIO

 

-          Durata lezione: cinque ore

-          Lezioni settimanali: cinque (tolte le festività)

 

DESTINATARI

 

-          Tutti coloro i quali operano, senza un’adeguata preparazione, nei settori dell’animazione e dello spettacolo.

-          18 – 32 anni

 

GRUPPO AULA

 

- Da 15 unità

 

FIGURA IN USCITA

            L’ Operatore delle arti performative moderne e contemporanee è una figura professionale assolutamente completa, nell’ambito delle tipologie afferenti al settore della “performazione”.

 

Le sue competenze coprono infatti tutte le aree del fare attività spettacolari, di animazione territoriale e organizzazione eventi spettacolari, anche nell’ambito della sperimentazione di interventi performativi, legati allo sviluppo del territorio. Tale figura ha anche acquisito know how nell’ambito del management di eventi, per cui può proporsi come organizzatore di eventi.

Questo tipo di operatore è una nuova professionalità che risponde anche alle attuali esigenze di mercato, nell’ambito del variegato pianeta della messa in scena di eventi artistici. Le sue abilità possono essere espresse all’interno di organizzazioni teatrali strutturate come anche in spazi urbani non convenzionali con esplicito riferimento a quelle istituzioni che svolgono al loro interno funzioni di ricerca e Sperimentazione teatrale.

 

                       ELABORAZIONE DEL MODELLO FORMATIVO

 

 

MODULO 1: ANIMAZIONE E COMUNICAZIONE

MODULO 2:

TECNICHE DI DARAMMATIZZAZIONE

MODULO 3:

ARTI ESPRESSIVE

MODULO 4:

ORGANIZZAZIONE EVENTI

MODULO5:

PROJECT WORK

100 ORE

80 ORE

130 ORE

30 ORE

60 ORE

5 unità didattiche

4 unità didattiche

3 unità didattiche

1 unità didattica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Moduli e unità didattiche

Monte ore

Metodologia

Obiettivo

Contenuti

Docenti

Attrezzature

Materiale didattico

Modulo 1: Animazione

 

Teoria dell’animazione

 

 

20

Teoria

T-group

Case Study

Apprendimento delle fondamentali nozioni teoriche

Linguaggio e comunità

Il linguaggio come esperienza sociale

-          Attivazione

-          Espressività

-          Creatività

-          Coscienza

-          Rischio

-          Ripensamento

Agente di sviluppo locale

-          Sovranità

-          Socialità

-          Lucidità

-          Fiducia

-          Pazienza

-          Politica

-          Gruppo

-          Progettazione

Storia e società

Trasformazioni sociali e bisogni immateriali

Organizzazione sociale e comunità educante

Creatività e strategia

Regole dell’espressività

Pianificazione e programmazione

Sociologo o psicologo con esperienza nell’ambito dell’animazione

Lavagna a fogli mobili.

Dispensa didattica

Modulo 1: Animazione

 

Metodologia dell’animazione

 

 

 

 

 

15

Case Study

Simulazioni

Apprendimento metodo di analisi del contesto e di progettazione

Il metodo professionale

Analisi del territorio

Analisi del contesto

Progettazione dell’intervento di animazione

Lettura dei bisogni

La strategia

La pianificazione

Sociologo o psicologo/Tutor

Lavagna a fogli mobili.

Lavagna luminosa.

Dispensa didattica

Modulo 1: Animazione

 

Tecniche di relazione

15

Training

Apprendimento dei principi basilari di comunicazione

Socializzazione gruppo aula

Comunicazione

Tecniche delle relazioni

Sociologo o Psicologo

Lavagna a fogli mobili.

Televisore e videoregistratore.

Dispensa didattica

Modulo 1: Animazione

 

Tecniche di animazione

40

Encounter

Role playing

Laboratorio

Apprendimento di principi e tecniche professionali

Teoria dell’animazione

- Deontologia professionale

Tecniche di animazione

- Cabaret – Musical- Costumistica- Scenografie – Attrezzistica

Capo animatore/o Attore tratrale

 

Lavagna a fogli mobili.

Televisore e videoregistratore.

Dispensa didattica

Modulo 1: Animazione

 

Animazione di settore

40

Teoria

T-Group

Case Study

Role playing

Apprendimento delle diverse tipologie d’intervento

Animazione turistica

-          Le tipologie

-          Il contatto

-          La programmazione

-          L’equipe

-          I giochi

Animazione per l’infanzia

-          Psicologia del linguaggio

-          I giochi

-          Fiabe e favole

-          Processi di identificazione

-          Costruire un evento con i bambini

Capoanimatore/Tutor esperto miniclub

Lavagna a fogli mobili.

Televisione e videoregistratore.

Dispensa didattica

Modulo 2: Teoria e tecniche di Drammazizzazione

 

Laboratorio di Drammatizzazione

80

T-Group

Appropriazione delle tecniche espressive del corpo dal punto di vista fisico e vocale

Psicodinamica del comportamento.

Improvvisazione creativa.

La sfida del corpo.

Antropologia del comportamento.

Tecniche di recitazione.

Lo spazio scenico.

 

Attore o Regista di Scuola

Palestra o Sala danza.

Bastoni, cuscini, tendaggi, coloranti, costumistica, materiali e attrezzi da scenografia.

Dispensa esercizi didattici

Modulo3:Arti espressive Laboratorio di danza, coreografie

50

 

Pratica

Appropriazione di tecniche

 

Teatro danza e Funky.

 

Coreografo/Ballerino

Palestra o sala danza.

Impianto

 

Modulo3:Arti espressive

 

Laboratorio musicale

30

Pratica

Apprendimento delle principali tecniche inerenti al canto

L’intonazione, il canto, le sonorità, l’elaborazione melodica

Musicista generalista o solista

Sala prove.

Sala danza.

Impianto stereo.

Strumenti musicali.

 

Modulo3:Arti espressive

 

Laboratorio balli caraibici

50

Pratica

 

 

 

 

 

 

Project works

60

Pratica

 

Messa in scena di uno spettacolo in uno spazio teatrale