Nel 2000 un fantomatico ente di formazione romano mi contattò per condurre un paio di moduli di comunicazione all'interno di un corso, a pagamento, di circa 150 ore, dal titolo "Pubbliche relazioni e Addetti stampa". L'aula veniva ospitata da un'associazione di categoria, che prendeva una percentuale sulle iscrizioni. Io avrei dovuto condurre un modulo di Comunicazione a metà tra il Direct Marketing, le comunicazioni di massa e la comunicazione interpersonale. Era chiaro che il corso, presentato promozionalmente bene, era stato costruito senza nessun criterio né legato al mercato né tantomeno alla costruzione di una figura professionale. Una volta in aula, dopo aver parlato con i ragazzi,  tra i venticinque e i trent'anni, quasi tutti universitari, presi la decisione di dare un senso a quell'esperienza, esautorando quel programma assurdo che mi era stato chiesto di svolgere. Utilizzammo le ore a mia disposizione per concentrarci su una tematica che poteva essere utile a tutti: la comunicazione degli enti locali, impiegando il maggior numero di ore per un project work, che non era nemmeno compreso nel piano didattico. Una esperienza che poteva essere fallimentare per i ragazzi siamo riusciti a trasformarla in qualcosa di utile...

 

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La COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

Strategie per comunicare l’ente pubblico

 

PIANO DI LAVORO

  

PARTE I

  

LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE COME SCIENZA EMPIRICA

 

Definizioni di comunicazione pubblica e politica

 

L’evoluzione storica della “comunicazione pubblica” in Italia

 

I MODELLI DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN ITALIA

 

Dove sta andando la Comunicazione Pubblica?

 

Modelli di Comunicazione Pubblica

 

Comunicazione Pubblica e Regioni

 

USO DEL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

 

L’atto di comunicare

 

Tra governance e cittadinanza

  

PARTE II

  

PERCORSI LEGISLATIVI DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

  

  1. Tra riforme e mercato
  2. 2. Legge 241/1990
  3. Decreto legislativo 29/1993
  4. Legge 59/1997
  5. Legge 127/1997
  6. Legge 150/2000
  7. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 settembre 2000
  8. Decreto legislativo 165/2001
  9. D.P.R. 422/2001

  

LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

COME SCIENZA EMPIRICA

 

Definizioni di comunicazione pubblica e politica

Come avviene spesso nell’ambito delle scienze sociali, non vi è una definizione consolidata di concetti quali la “comunicazione pubblica”, la “comunicazione politica”, la “comunicazione istituzionale”.

Rolando [1]considera la “comunicazione istituzionale” una sottocategoria della “comunicazione pubblica”. Quest’ultima opera, infatti, in tre diverse aree: politica, sociale e appunto istituzionale. L’area politica ha come soggetti i partiti politici, che “comunicano” per promuovere condizioni di consenso elettorale. I soggetti dell’area sociale sono soggetti individuali, associativi o pubblici, che rappresentano diritti e valori diffusi nella società. Tali soggetti devono, appunto, “comunicare” rappresentando tali valori e diritti, che sono condizione imprescindibile della propria identità e della propria esistenza. Il soggetto dell’area istituzionale è la P.A. che attua un tipo di “comunicazione” che non ha come obiettivo la costruzione del consenso politico, ma quella di rendere informati i cittadini sulle molteplici attività della P.A.

Anche Mancini considera la “comunicazione istituzionale” come inserita nell’ambito della “comunicazione pubblica”. Quest’ultima è una forma di comunicazione avente per oggetto gli affari d’interesse generale, attinenti gli enti governativi e i diversi enti pubblici o semi-pubblici, nonché alle istituzioni private, che agiscono in un campo che non è quello del profitto o degli interessi privati, ma quello delle funzioni socialmente rilevanti.

 

Criterio delle funzioni della comunicazione

 

La “comunicazione istituzionale” si suddivide in base a due criteri, in sei tipologie diverse.

 

Comunicazione d’integrazione funzionale

 

Definisce i compiti assunti da ogni sistema sociale, rendendoli noti agli altri sistemi e agli interessati. Questa categoria comunicativa include la “comunicazione normativa preventiva” (es. progetti di legge), “consuntiva” (es. processi decisionali e decisioni assunte), e la “comunicazione finalizzata a migliorare i rapporti con i cittadini e la qualità dei servizi offerti”;

 

Comunicazione d’integrazione simbolica

 

Riguarda valori e simboli d’interesse generale, includendo le iniziative volte a promuovere atteggiamenti e comportamenti sociali specifici.

 

                             Criterio degli oggetti della comunicazione

 

Comunicazione dell’istituzione pubblica

Ha l’obiettivo di rendere note le funzioni e sostenere il punto di vista dell’istituzione pubblica.

Comunicazione politica di istituzioni pubbliche e partiti

Ha come oggetto argomenti controversi.

Comunicazione sociale

E’ propria delle istituzioni pubbliche, semi-pubbliche o private, incentrata su questioni relativamente controverse d’interesse generale, a sua volta suddivisa in “comunicazione di pubblico servizio” (che promuove argomenti e servizi d’interesse generale), la “comunicazione sociale propriamente intesa” (che promuove idee e valori relativamente controversi), la “comunicazione delle responsabilità sociali” (che identifica aree d’intervento di istituzioni private con la difesa di interessi generali relativamente controversi).

Comunicazione di istituzioni semi-pubbliche o private (diverse dai partiti)

Ha come oggetto argomenti controversi.

 

Mazzoleni considera la “comunicazione istituzionale” l’attività comunicativa propria delle istituzioni politiche di un Paese: Parlamento, Governo (centrale comprendente i ministeri e le varie amministrazioni, periferico comprendente Regioni, Province e Comuni), Magistratura e Capo dello Stato, espressione delle istituzioni stesse e non delle persone che ricoprono gli uffici. In un altro versante la “comunicazione politica-partitica” è l’attività comunicativa dei soggetti rappresentanti le istituzioni politiche, in competizione ed interazione tra loro, con gli elettori e con i media, avente finalità di parte quali quella di conquistare il potere.

 

Pira ritiene che la “comunicazione pubblica”, espressione dell’attività delle istituzioni politiche di un Paese, si suddivida in “comunicazione istituzionale”, espressione dell’attività delle istituzioni politiche, sganciata dal sistema partitico, e in “comunicazione politico-partitica”, espressione degli interessi dei partiti politici. E’ a questa suddivisione riepilogativa di Pira che faremo riferimento allorquando useremo i tre concetti di “comunicazione pubblica”, “comunicazione politico-partitica” e “comunicazione istituzionale”.

 

L’evoluzione storica della “comunicazione pubblica” in Italia

 

Gli anni del ventennio fascista, registrano la commistione del concetto di “comunicazione pubblica” con quello di “propaganda”, in questo caso intesa come attività volta alla promozione politica e culturale del regime. Il cittadino era considerato come suddito, destinatario passivo di decisioni verticistiche. In tale periodo si registreranno novità normative, relative all’attività di controllo esercitata dal regime sulla stampa, sulla radio e sul cinema unici “mass-media” rilevanti dell’epoca.

 

Nel 1923 viene adottato un regio decreto sulla stampa che limita fortemente la libertà di stampa. Nel 1927 è vietata la nascita di nuovi giornali, e diventa operativo il Sindacato nazionale dei giornalisti. Due anni dopo, sono istituiti la Commissione superiore per la stampa e l’Ufficio nazionale di collocamento per i giornalisti professionisti. Il “Codice Rocco” è varato nel 1930: provvedimento normativo che integra e coordina la precedente legislazione sulla stampa, specificando tutti i reati collegati con l’attività giornalistica e le relative pene. Nel 1931 entra in vigore una legge fortemente repressiva della libertà di stampa: il regime ha la possibilità di sequestrare le pubblicazioni contrarie all’ordinamento sociale, politico ed economico, quelle lesive del prestigio delle autorità pubbliche o quelle offensive verso la nazione, o che possono turbarne la tranquillità. Nel 1933 l’ufficio stampa annesso alla Presidenza del Governo diventa sottosegretariato alla Stampa e alla propaganda, che poi diventerà dapprima Ministero della stampa e della propaganda (1935), e quindi Ministero della cultura popolare (1937), che mantenendo i compiti dell’ufficio stampa, ne acquisisce altri quali il controllo totale dell’informazione radiofonica, e il potere di sequestrare e sopprimere i giornali. Nel 1939, come diretta emanazione del Ministero della cultura popolare è creato l’Ente Stampa, che ha il compito di fare da ponte tra il “centro” e la “periferia”, curando i rapporti con la stampa locale e con gli organi territoriali dell’informazione italiana. Infine, durante la guerra e prima del crollo del regime (periodo 1940-1943), i giornali sono sottoposti alla normativa in tempo di guerra, concernente i bollettini provenienti dal fronte.

 

Con l’entrata in vigore della Costituzione italiana, l’articolo 21 tutela i diritti di opinione e di stampa, ma non fa alcun riferimento ad un diritto di informazione. La “comunicazione pubblica” e “istituzionale” è affidata al sistema partitico, mentre la P.A. per timore di un’attività propagandistica di cui gli esempi sono recenti , viene relegata ai margini. La “comunicazione pubblica” fino agli anni ’80, si estrinseca in documenti scritti in “burocratese”, in un clima di assenza di trasparenza e di coinvolgimento dei cittadini.

 

Nel 1981 è costituito il Dipartimento per l’analisi e la verifica del programma di governo, e si interviene in tema di informatizzazione e documentazione. Nel 1983-84, il governo Craxi interviene per rendere più efficiente la Presidenza del Consiglio. I primi esempi di “comunicazione istituzionale” non partitica si hanno in occasione degli anniversari della Nato, della Comunità Europea, della Repubblica e della Costituzione. Nel 1987, il vicepresidente della camera dei deputati, Aniasi, per ovviare alla subordinazione del Parlamento rispetto al Governo in materia d’informazione, isitituisce il “Comitato per la comunicazione e l’informazione della Camera dei deputati” (iniziativa presto naufragata). Inoltre, la legge 25 febbraio 1987, n.67, “Nuova legge per l’editoria”, prevede la pubblicazione annuale degli estratti dei bilanci delle amministrazioni statali e locali, e delle rispettive aziende, su quotidiani e riviste. Nel 1988 è istituito il Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Dipartimento si articola in quattro uffici: l’ “Ufficio per l’editoria e la stampa”, l’”Ufficio per gli affari generali e le relazioni esterne” con compiti di gestione amministrativa e organizzativa, l’”Ufficio per l’informazione e la documentazione istituzionale” con compiti di organizzazione di mostre, convegni, etc. e infine l’”Ufficio per il diritto d’autore” con compiti di controllo e di promozione.

 

La vera “svolta copernicana” si ha però con la legge 241/1990 e le leggi successive fino alla legge 150/2000 (la prima vera legge sulla “comunicazione pubblica”), quando il cittadino da partecipante passivo si è trasformato in “utente” o addirittura in “cliente”, e la P.A. si è resa sempre più simile ad un’azienda privata che in un clima concorrenziale, insegue la “qualità” e la “customer satisfaction”, per non rimanere spiazzata[2].

         Possiamo quindi dire che gli studi e le analisi sulla comunicazione pubblica in Italia hanno cominciato ad assumere una fisionomia ben delineata e strutturata dal 1990.

 

         Una volta raggiunto un accordo di massima sulla definizione da dare alla categoria di “comunicazione pubblica”, cosa comunque non facile visti gli sviluppi ed i cambiamenti continui della materia in oggetto, gli studiosi hanno evidenziato come, da un lato, questa disciplina s’intrecci inevitabilmente con altre (sociologia, marketing, scienza dell’amministrazione) e dall’altro sia da associare non solo ai soggetti istituzionali della Pubblica Amministrazione centrale e locale ma anche a quelli che forniscono servizi pubblici o siano portatori d’interessi sociali sempre più rilevanti, organizzazioni no-profit e terzo settore in primo luogo.

 

         Il ritardo con cui il nostro paese sta affrontando le problematiche legate ad una moderna concezione della comunicazione pubblica risiede nel fatto che, storicamente, la P.A. nel corso dei decenni passati ha assunto l’aspetto di un palazzo impenetrabile per il cittadino visto non come utente ma come “intruso” o estraneo da tenere alla larga dalle segrete stanze dove si amministra e si decide.

 

         Un sistema in cui il rilascio di un certificato in tempi accettabili o l’ottenimento di un’informazione erano paragonabili a dei veri e propri avvenimenti.

 

         Soltanto nell’ultimo decennio si è verificato un significativo mutamento di rotta nella considerazione rivolta alla comunicazione pubblica. Grazie alla legge n. 142/90 relativa alla riforma dell’ordinamento delle autonomie locali; alla legge n. 241/90 sulla riforma del procedimento amministrativo ed alla Riforma Bassanini del 1997 si sono aperti nuovi scenari nel rapporto tra cittadino e P.A.. L’auspicato utilizzo delle nuove tecnologie ed un cambiamento della mentalità di molti funzionari ed operatori pubblici avrebbero garantito l’obiettivo di snellire e semplificare l’attività ed i rapporti interni ed esterni della P.A., non più basati su di un formalistico ed ormai anacronistico rispetto della norma.

I benefici apportati da questi provvedimenti sono stati tangibili anche se, chiaramente, molto resta da fare tenuto conto delle dimensioni dell’apparato amministrativo italiano e delle notevoli sacche di resistenza al cambiamento persistenti all’interno della struttura burocratica pubblica.

 

         Questo punto di svolta ha determinato la necessità di rivedere radicalmente il concetto di “comunicare” da parte delle istituzioni e di riposizionare i protagonisti del rapporto P.A./cittadino in relazione a nuovi problemi e prospettive.

 

La comunicazione pubblica non è più considerata come semplice attività d’informazione, ma anche e soprattutto, nelle sue due modalità, interna ed esterna, come strategia, risorsa e servizio per migliorare l’efficienza degli apparati interni e di servizi e prestazioni erogati, per garantire legittimazione all’attività amministrativa, perdendo così quella connotazione propagandistica che l’aveva caratterizzata per lungo tempo.

 

         In quest’ottica si verifica, per forza di cose, un cambiamento anche negli attori di questo processo, a cominciare dagli amministratori e dai dirigenti. Si è innescata cioè la logica di garantire al cittadino una reale partecipazione all’attività di governo locale attraverso la trasparenza e la conoscenza degli atti, considerando, quindi, le persone non più come corpi estranei, quasi da sopportare, ma come veri e propri co-protagonisti dell’azione amministrativa. In questa direzione il ruolo dei funzionari dovrebbe essere non più quello di semplici custodi di norme e regolamenti, ma “attivatori” di comunicazione per riorganizzare e migliorare il livello dei singoli uffici,   facendo, nel frattempo, emergere professionalità inespresse.

 

           Il passo decisivo, come abbiamo detto, in questa direzione è rappresentato dalla legge n. 150/2000, che è poi il fulcro della nostra analisi, che ha, in un certo senso, traghettato la funzione di comunicazione nell’ambito istituzionale da una posizione che la relegava a poco più che un orpello a vero e proprio anello di congiunzione all’interno di un rapporto finalmente paritario tra P.A. e cittadino. Fondamentali, al riguardo, le modifiche apportate alle funzioni degli U.R.P., in precedenza istituiti con un decreto legislativo del 1993.

 

 I MODELLI DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN ITALIA

 

 

Dove sta andando la Comunicazione Pubblica?

 

Lo spazio che contraddistingue la comunicazione pubblica è denominabile “area di pubblica utilità” e racchiude in sé diverse finalità o tipologie di comunicazione tra cui quella politica, quella propriamente istituzionale e quella sociale.

 

Le tipologie di comunicazione che rientrano nell’ambito della comunicazione pubblica sono principalmente tre:

comunicazione per regolare che consiste nella regolazione giuridica dei rapporti tra i membri dell’ordinamento (ad esempio le pubblicazioni di leggi, atti e certificazioni); 

comunicazione per servire che si riferisce alla comunicazione di pubblica utilità, cioè alle informazioni che vanno fornite all’utente per poter meglio usufruire del servizio o interagire con la pubblica amministrazione;

comunicare per convincere, in questo caso si ha un vero e proprio coinvolgimento del cittadino nella gestione della cosa pubblica, in una ottica di scambio e negoziazione tra le parti.

Il coordinamento strategico della comunicazione verso i media, i cittadini/utenti e verso le funzioni interne è il fine cui si deve tendere.

La comunicazione del settore pubblico in una dozzina di anni ha cambiato più volte identità: gli anni ’90 hanno alimentato il primo reale cambiamento delle attese verso la pubblica amministrazione portandola verso le due strade normative del decentramento e della trasparenza.

 

La legge 142/90 (che prevede il riassetto delle autonomie locali affinché garantiscano i diritti di accesso e di informazione) e la 241/90 (la quale sancisce il diritto di partecipazione al procedimento amministrativo) introducono delle novità in grado di interrompere la continuità con cui si è andato riproducendo nel tempo il modello di amministrazione autoreferenziale, e così mettono fine ad un rapporto in cui le parti della relazione risiedono su due livelli diversi.

 

La parte della domanda (il cittadino) abbandona la posizione di inferiorità richiedendo non solo parità ma un vero e proprio riscatto, mentre la parte dell’offerta rappresentata dai servizi e dalle opportunità messe a disposizione dall’ente pubblico si muove con lentezza verso un servizio improntato sull’interattività.

 

Il governo Amato, attraverso il d.lgs.n.29 del 3 febbraio del 1993, mette a segno un importante punto sulla lunga via delle riforme, dotando le disposizioni legislative di un referente cui rivolgersi: l’Ufficio di relazioni con il pubblico (URP), una struttura con specifici compiti di comunicazione interna ed esterna.

 

La comunicazione interna è l’insieme dei rapporti informativi, comunicativi, professionali e formativi che un’organizzazione instaura con ogni propria area amministrativa.

La comunicazione esterna è rappresentata dall’insieme di iniziative di informazione dirette all’utente esterno (attività di back office e di front office).

I cinque commi dell’art.12 del D.Lgs.29/93 sono stati la base per successive disposizioni, oggi considerate fondamentali, quali la legge 150/00.

 

Francesco Paciello (2) osserva come il legislatore abbia spostato progressivamente i compiti dell’URP dall’attuazione dei diritti della legge 241/90 all’ “ascolto” dei bisogni.

 

Conferma della direzione di questo cambiamento di ruolo si trova leggendo la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 7.2.02 in cui al capo 4 si parla propriamente di “marketing istituzionale”: attraverso una attività strategica l’amministrazione pubblica studia in anticipo i bisogni dei cittadini, in modo che questi possano trovare adeguato spazio all’interno degli atti di programmazione.

 

Sinteticamente le attività dell’URP si possono racchiudere in tre fasi principali: quella dell’accoglienza e ascolto (concetto ben diverso da quello di “ufficio reclami”), quella dell’informazione e risposta e quella del marketing.

 

L’esigenza del passaggio da un modello classico e burocratico, giuridico ed istituzionale a quello economico aziendale in una logica di servizio pubblico nasce dall’esistenza della concorrenza e di un mercato, inteso come possibilità di scelta da parte del cittadino/cliente di varie alternative tra offerta pubblica e privata o tra più alternative di offerta dello Stato, e l’introduzione della variabile prezzo in senso lato (evidenziabile negli scambi a vario titolo tra pubblica amministrazione e cittadino).

 

La struttura della pubblica amministrazione continua a possedere un modello organizzativo di tipo gerarchico (costituito da un vertice e da successivi ruoli di grado progressivamente inferiore) ma sempre più frequenti sono le attività a progetto (modello matriciale che procede in base al progetto da realizzare o al tempo da impiegare). 

 

 

Modelli di Comunicazione Pubblica (3)

 

Si possono disegnare modelli di comunicazione pubblica correlati con fasi differenti del mutamento sociale.

Un primo modello “storico” è quello della <<comunicazione pubblica in funzione propagandistica>> (Rolando, 1995): l’obiettivo dell’istituzione non era quello di promuovere un funzionale rapporto con gli utenti, di informarli e di coglierne le esigenze, ma quello di dare una migliore immagine di se stessi.

 

È per questo che il rapporto con l’esterno era di solo appannaggio dei pubblicitari o degli operatori di relazione pubblica con l’intento di vendere nel miglior modo i messaggi interni.

In questo caso si ha l’identificazione tra identità politica e identità amministrativa.

 

Ad essere importante era la percezione sul mercato politico. Né il parlamento, né il Governo si preoccupavano di far avvenire una comunicazione: questo compito era assunto dai singoli uomini politici e partiti, che perseguivano i propri intenti.

 

Si devono superare i primi anni ’70 per passare ad una seconda fase caratterizzata dal <<modello informativo a senso unico>> , con il quale inizia progressivamente a svilupparsi una più accentuata coscienza dei diritti e doveri che legano le istituzioni ai cittadini.

 

In questo scenario inizia ad emergere la necessità di informare i cittadini sulle diverse offerte alle quali possono accedere, sui servizi e le opportunità: si ha la voglia di trasparenza in una nuova ottica in cui si hanno dei diritti non più violabili da una cultura del segreto.

 

In questa seconda fase non si è ancora sviluppata una cultura del marketing dell’istituzione pubblica, il cittadino viene percepito come ricettore passivo e la comunicazione è a senso unico.

 

Con il decentramento istituzionale e la nascita delle regioni si hanno diverse innovazioni nel panorama della comunicazione pubblica italiana che però avrà un balzo in avanti solo in tempi recenti.

 

Si arriva così all’ultima fase, quella della <<comunicazione bidirezionale>> in cui il cittadino è visto come soggetto attivo del processo comunicazionale: il suo apporto è essenziale non solo per la definizione dei compiti dell’istituzione ma anche per la riuscita della comunicazione pubblica stessa.

 

È questa la fase in cui si afferma il concetto di marketing dei servizi e dell’istituzione pubblica, contemporaneamente cambiano le concezioni sociali per cui la trasparenza e la pubblicità degli atti amministrativi diventano atti dovuti ai cittadini.

 

Due sono, quindi, i flussi di comunicazione che dall’istituzione muovono verso i cittadini, quelli della comunicazione autoprodotta, inclusi l’informazione e i servizi offerti, e quelli della comunicazione eteroprodotta.

Il modello in questione può essere applicato a tutte le forme di comunicazione pubblica, resta da chiedersi se questa terza fase sia stata completamente realizzata: facendo riferimento al contesto italiano numerose iniziative in tale direzione lo confermano.

 

 

Comunicazione Pubblica e Regioni

           

A fronte della svolta verificatasi nella comunicazione pubblica occorre riorganizzarla in maniera più sistematica, affrontando molteplici problemi.

Il primo problema è quello dell’architettura esterna del sistema comunicativo: esistono modelli organizzativi diversi, alcuni più accentrati altri più decentrati.

 

Un secondo problema è quello della comunicazione interna alla pubblica amministrazione stessa: reti intranet, ma anche reti di comunicazione tra amministrazioni diverse, per poter predisporre documenti con maggiore facilità e rapidità, ma anche per poter realizzare Sportelli Unici su particolari interventi.

 

Un terzo problema sono le strategie di comunicazione, ci si può predisporre per ricercare un contatto con quella fetta di cittadini che non utilizza i siti web, gli infopoint, gli URP attraverso progetti mirati che si rivolgono a specifici target.

 

Un quarto problema è l’utilizzo interattivo della rete: è possibile evitare al cittadino lunghe code agli sportelli attraverso la circolazione in rete di servizi ed è inoltre possibile che le risposte della Pubblica Amministrazione siano messe in rete, così come il monitoraggio dello stato delle pratiche.

A questo proposito div

ersi sono gli esempi concreti di realizzazioni nella direzione di una maggiora visibilità della Pubblica Amministrazione:

Una esperienza innovativa riguarda CarpiDiem, la Rete Civica della città di Carpi (4): le reti civiche, o città digitali, nascono da internet per fornire ai cittadini informazioni e servizi a valore aggiunto, attraverso la collaborazione tra enti, l’associazionismo e privati cittadini.

Negli ultimi anni esse sono diventate un importante fenomeno capace di rafforzare il processo di riforma della Pubblica Amministrazione e dare impulso allo sviluppo del sistema economico territoriale.    

 

Il Progetto Rete Civica di Carpi, che vede il suo inizio a metà dell’anno ’98 anche grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, si è sviluppato seguendo quattro fasi d’azione:

  • fornire informazioni e servizi qualificati in un’ottica di trasparenza e semplificazione delle procedure e dell’accesso alla Pubblica Amministrazione;
  • favorire una maggiore partecipazione alla vita sociale e politica della città;
  • promuovere e facilitare l’accesso alla rete civica e ad internet;
  • promuovere la città dal punto di vista economico, culturale e turistico.

L’obiettivo è la creazione di rafforzare, soprattutto a livello locale, le reti di relazione fra i componenti della società civile (scuole, organizzazioni no profit, pubbliche amministrazioni, associazioni, singoli cittadini).

 

Principali azioni realizzate:

Informazioni e servizi: rubrica telefonica, documentazione relativa all’attività dei vari settori, modulistica, il servizio Demotel anagrafe in linea ecc…;

Banche Dati del Comune: relative alle concessioni edilizie e verbali della Commissione edilizia, delibere, liste elettorali, comunicati stampa, concorsi, domande e offerte di lavoro ecc…;

Spazio web gratuito per enti, associazioni, scuole e partiti politici :possibilità di pubblicare gratuitamente proprie pagine;

Mailing List: l’indirizzo e-mail -carpidiem@carpidiem.it - è aperto a tutti ed ha come principale obiettivo la progettazione concertata della Rete Civica;

Percorsi di formazione: corsi di alfabetizzazione diretti a cittadini, associazioni e corsi specifici per insegnanti e dipendenti comunali;

Postazioni pubbliche di accesso: postazioni internet presso i principali centri di aggregazione giovanile;

Caccia al tesoro in Internet: all’ultima edizione, al titolo Noir, hanno partecipato oltre 160 persone;

Campagne di informazione: costruzione di una guida cartacea della rete civica;

Cultura e turismo: informazioni aggiornate e approfondite sulla città, la sua storia e il calendario degli eventi;

Versione inglese;

Economia: aziende on line con Sportello Unico delle Attività Produttive.

Parte del progetto URPdegliURP gestito dalla Regione Emilia-Romagna e dal Dipartimento della Funzione Pubblica è il restyling del sito http://www.urp.it/ (6), che per il suo potenziale di contatto costituisce un fattore quotidiano di incremento della rete professionale URPdegliURP: si è trattato di conferire una nuova gradevolezza estetica ma anche una riorganizzazione o potenziamento delle banche dati e dei servizi on line.

A cominciare dalla grafica, il suo biglietto da visita, che prevede la definizione dei colori “sociali, del logotipo del progetto, del layout della pagina suddivisa fra elementi di arredo e ed elementi di contenuto.

Era necessario avere uno strumento che rispondesse a tre esigenze fondamentali:

  • la flessibilità, per rispondere alle mutevoli necessità del progetto e dei suoi interlocutori;
  • la razionalità di una architettura in grado di ospitare anche nuovi contenuti;
  • l’aspetto redazionale, ossia la capacità di essere alla stregua di un quotidiano telematico dedicato alle attività e agli operatori degli Urp.

L’ home page del sito offrirà tre chiavi di accesso: l’albero di sinistra è dedicato alle banche dati di maggior rilievo e le funzioni del servizio: la mappa delle abilità, il cercaurp e il web magazine sono i primi tre link dell’albero.

 

Subito sotto, i link di servizio: al motore di ricerca, alla mappa del sito e alla casella di posta elettronica.

 

Nella parte centrale della pagina vi è l’accesso alle tre sezioni telematiche: i servizi, la partecipazione, il chi siamo.

 

La prima è dedicata alle banche dati che raccolgono gli strumenti per facilitare il lavoro agli operatori ed hanno come novità la sezione di domande e risposte, dedicata ai dubbi, quesiti più frequenti e di interesse e la sezione del “cosa serve per lavorare”, una sorta di cassetta degli attrezzi per gli operatori in cui sono stati raccolti progetti, studi di caso e materiale suddiviso per argomenti (ad esempio è possibile trovare materiale sul redditometro, sulla privacy, la customer-satisfaction, la gestione delle risorse umane e dei reclami ecc…).

 

La seconda è il luogo della partecipazione, ossia della interazione comunicativa con gli utenti: vi è libero accesso alla mailing list, ai fora telematici e al questionario di valutazione del progetto e dei servizi.

La sezione “chi siamo” offre tutto il materiale sul progetto URPdegliURP: atti di convegno, statistiche di accesso al sito, rassegna stampa.

Nel box del riquadro di sinistra tutte le news dal mondo degli Urp secondo lo stile del lavoro giornalistico.

 

I mutamenti del quadro politico istituzionale avvenuti negli ultimi anni insieme alla spinta del legislatore su molti aspetti del rapporto tra cittadini e amministrazioni pubbliche obbligano a ridisegnare strategie e modalità organizzative.     

 

Infatti, seppure con modalità e tempi diversi, anche per le sollecitazioni fornite dalla legge 150/2000, per tutti gli Enti si pone il problema di una riorganizzazione delle funzioni di informazione e comunicazione che dia applicazione al dettato della legge.

 

Anche se sostanzialmente identici sono gli strumenti utilizzati dalle Regioni, ciò che fa la differenza è il contesto organizzativo nel quale vengono applicati.

 

Esistono molti esempi concreti che testimoniano un cammino nella direzione della interattività tra utenza e Pubblica Amministrazione.

La Regione Emilia-Romagna ha promosso, nell’ambito del COM-P.A. 2000, un convegno dal titolo “Comunicazione pubblica e Regioni: percorsi compiuti e nuovi orizzonti. Esperienze e progetti a confronto”.

 

Vera Negri Zamagni, Vice Presidente della Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna e Assessore alla Cultura, Sport e Progetti per i rapporti con i cittadini, aprendo i lavori del convegno, ha ricordato come il punto di partenza sia stata la proposta, rivolta ad ogni Regione, di raccogliere in un dossier una sintesi delle attività di comunicazione che rendesse visibili le iniziative realizzate ed i progetti in cantiere.

 

Le schede fornite da ogni Regione hanno permesso di ricomporre un quadro praticamente completo (mancano solo tre Regioni e una Provincia autonoma) del percorso di rinnovamento della Pubblica Amministrazione.

Una prima lettura mostra come le Regioni svolgono l’attività di informazione e comunicazione.

Il tradizionale Ufficio Stampa si occupa della comunicazione con i media, con le principali testate giornalistiche attraverso comunicati stampa, conferenze stampa, pubblicazione di periodici e riviste di settore.

Campagne informative, promozionali o di sensibilizzazione, riguardanti temi sociali, di educazione alimentare, tutela dell’ambiente, a carattere sanitario vengono affidate dalle singole Amministrazioni alle varie strutture interne.

 

Molte regioni trasmettono informazioni ai cittadini avvalendosi del teletext di emittenti private, Rai o radiofoniche.

 

Infine, tutte le Regioni posseggono un sito ufficiale sul web (non più un sito vetrina ma un vero canale interattivo).

 

Il più concreto esempio di interattività è rappresentato da Serena Carota, della Regione Marche, la quale attraverso la presentazione del progetto Tellus, nato a supporto delle attività di ricostruzione in seguito al terremoto del 1997, ha mostrato l’esemplare coordinazione avvenuta tra informazione, comunicazione e attività di governo della Regione che ha garantito trasparenza e accessibilità di tutti i passaggi tecnici e amministrativi della complessa attività di ricostruzione.

 

Di estremo interesse il progetto sul sistema museale sardo “Nur on line”, presentato da Efisio Pilleri della Regione Sardegna, nel quale è realizzato un percorso virtuale alla scoperta della antica civiltà nuragica attraverso 22 itinerari culturali, turistico-ambientali.

 

Nel nuovo Governo della Regione Toscana, è stato istituito un Assessorato denominato “Comunicazione, informazione, nuove tecnologie informative” che ha varato diversi progetti in materia, tra i quali un progetto di legge regionale di recepimento della normativa nazionale.

 

Sottolineando l’aspetto fondamentale del coordinamento delle attività interne ed una migliore e più creativa utilizzazione delle risorse a disposizione, Antonio Caminati ha richiamato l’attenzione su un aspetto spesso trascurato , quale la ricerca del target e dei linguaggi più appropriati per veicolare i messaggi dell’Amministrazione.

 

In un contesto più strutturato, regolamentato da normative vigenti da diversi anni, si presenta l’esperienza della Regione Lombardia.

 

La Regione “diffusa”, evocata da Gabriele di Nardo, da un lato propone di rendersi accessibile ai cittadini/utenti nelle sue scelte di governo e, dall’altro, si propone di andare verso l’utenza attraverso l’istituzione in ogni provincia di uno SpazioRegione (nome con il quale è stato ribattezzato l’Ufficio Relazioni con il Pubblico nella Regione Lombardia), radicando su tutto il territorio l’Istituzione regione secondo un modello di accentuato decentramento dell’Ente.

 

Vi è, quindi, una forte prospettiva orientata al cittadino che demanda agli SpazioRegione distribuiti su tutto il territorio l’attività di comunicazione, anche occupandosi dei rapporti con le testate giornalistiche sostituendosi ai tradizionali Uffici Stampa, per garantire una costante presenza dei media locali con costante monitoraggio dell’immagine conseguente.

 

A supporto delle varie iniziative, Gabriele di Nardo ha ricordato l’istituzione di una Commissione Comunicazione al cui parere preventivo sono sottoposti tutti i progetti in materia e tutti gli atti deliberativi che abbiano implicazioni di tipo comunicativo.

 

Nella Regione Piemonte per ciò che attiene alla organizzazione dell’URP, Roberto Salvio ha richiamato l’opzione della sua amministrazione che fa riferimento ad un modello di tipo centralistico, senza escludere che completata la rete, in futuro, si possa passare ad un disegno organizzativo decentrato.

 

Egli mette in evidenza la vera novità all’interno della Direzione Comunicazione istituzionale della Regione Piemonte, ossia l’Ufficio marketing e comunicazione istituzionale che si caratterizza per ‘introduzione di una metodologia di lavoro propria del mondo pubblicitario che lo scopo di promuovere un’immagine coordinata ed integrata dell’Ente.

A questo proposito è stato istituito un gruppo di comunicazione ed un laboratorio di ascolto con funzioni di coordinamento e monitoraggio delle azioni in corso d’opera, accentuando l’importanza dei processi di feedback nelle amministrazioni pubbliche.

 

Stefano Stefanini (4) ha inquadrato l’esperienza della Regione Emilia-Romagna in una efficace sintesi dello scenario culturale e legislativo degli ultimi venti anni: dal Rapporto Giannini degli anni ’80, alle legislative introdotte dalle leggi 142 e 241 del ’90, sino all’emanazione della legge Bassanini che hanno riconosciuto ai processi di comunicazione un ruolo di stimolo e controllo sulle attività di governo.

 

In coerenza con l’obiettivo politico di governare con il metodo della concertazione, Stefanini sottolinea come l’istituzione dello sportello URP si sia ampliato in una esperienza che attraverso il progetto “Il sistema e la rete degli URP”, ha consentito l’esportazione e la riproduzione del modello adottato in altri contesti, tra i quali il progetto nazionale “URP degli URP”.

Il sistema e la rete degli URP si fonda sugli URP del territorio e da una rete di raccordo tra i singoli componenti in un rapporto centro (Regione) – periferia (territorio) inserito in una “rete di apprendimento” che faccia leva sulle abilità e potenzialità presenti, valorizzandole ed integrandole con interventi di formazione ed informazione, con un costante trasferimento di conoscenze e strumenti.

 

Nell’ambito del progetto sono state realizzate attività di monitoraggio, animazione e tutoraggio per piccoli Comuni attraverso l’apertura di sportelli o la riorganizzazione delle attività di comunicazione.

 

Il risultato di tale lavoro è consultabile nel manuale on line “I dieci segreti degli URP”.

Stefanini ha inoltre ricordato il progetto relativo al “Portale della Pubblica Amministrazione in Emilia-Romagna”, che ridefinisce l’identità della Regione come federazione delle città e territori sviluppando le possibilità di interazione tra gli Enti e i cittadini.

 

A chiusura dei lavori del Convegno, Vera Negri Zamagni ha puntualizzato cinque aspetti emersi dalle esperienze enunciate: innanzitutto l’esigenza di una riorganizzazione complessiva del sistema comunicativo regionale, un coordinamento delle attività interne e di scambio con gli altri Enti, l’individuazione di un target e delle strategie di comunicazione più efficaci e da ultimo, la necessità di una formazione specifica degli operatori della comunicazione, in quanto non esiste una competenza codificata dell’operatore dell’URP, che si caratterizza piuttosto per una attitudine personale ad una metodologia di lavoro innovativa rispetto a quella utilizzata in uffici più tradizionali.

 

Comune di Pistoia: Urp “ideale”: Il caso di Pistoia viene indicato da Pira (7), come il miglior modello di Urp in Italia. L’antenato dell’Urp pistoiese è l’Ufficio reclami , nato nel 1987 per instaurare un rapporto di fiducia in linea con il concetto di cittadino-utente-cliente mutuato dalla cultura di impresa. Un ente con l’Ufficio reclami dà l’idea di funzionare bene (nell’ottica della ricerca della fedeltà del cliente).

 

Esistono tre tipologie di attività dell’Ufficio reclami:

  • la “segnalazione collaborativa” (il cittadino rileva un disservizio che solo lui può conoscere. Ad esempio: il cittadino che segnala un buco in una strada);
  • il “gap informativo” (caso del cittadino che si trova improvvisamente in una situazione di disservizio, senza esserne stato avvisato, e che si rivolge a tale ufficio per spiegazioni);
  • la “patologia” (richieste diverse da cittadino a cittadino, che il servizio deve ricondurre all’ufficio interessato, senza sostituirsi ad esso, ma ponendosi come luogo di contatto qualificato tra il cittadino e l’ente).

L’Urp pistoiese è ben consapevole che spesso i cittadini più che una risposta esauriente ricercano una risposta qualsiasi; i cittadini devono percepire che c’è qualcuno che prende a cuore i loro problemi.

 

La maggior parte delle richieste all’Urp di Pistoia è effettuata per telefono (mezzo in possesso di tutte le persone, facilmente accessibile anche alle persone di bassa scolarità, che permette di accorciare le distanze e decongestionare l’ufficio).

 

Le informazioni del cittadino vengono informatizzate in schede precostituite che riportano sia i dati del cittadino che dell’operatore, che indica il funzionario competente. Quindi la scheda è inviata agli uffici, che devono rispondere in modo chiaro entro i 30 giorni. Non appena la scheda ritorna all’Urp, il cittadino viene richiamato e messo al corrente.

 

L’Urp di Pistoia ha attivato un numero verde efficiente (nel senso che i cittadini trovano interlocutori preparati e disponibili).

Nel 1993 L’Ufficio reclami si trasforma in Urp, dopo l’emanazione del d.l. 3 febbraio, n. 29.

 

L’Urp ha partecipato al Progetto per i servizi polifunzionali di accesso alla P.A., promosso dal Dipartimento della funzione pubblica, avviato nel 1994, sulla base della filosofia “integrazionista” secondo la quale il buon esempio di amministrazioni efficienti avrebbe portato numerose amministrazioni a seguire la loro strada. Il progetto ha visto la partecipazione di 9 città con varie amministrazioni (Comuni, Aziende Usl, Inps, Prefetture, Questure, Province): Arezzo, Bologna, Campobasso, Catania, Lecce, Perugia, Pistoia, Reggio Emilia e Roma.

 

Il Progetto aveva i seguenti obiettivi: informazione di primo livello sulle strutture, le prestazioni e le condizioni di accesso; unificazione di adempimenti e di procedure per facilitare il cittadino. Le Modalità d’intervento erano: la realizzazione di una rete di punti informativi unificati (Urp) presso le singole amministrazioni, al fine di scambiarsi le informazioni; una serie di procedure semplificate ad oggi utilizzate dalle nove amministrazioni e disponibili come esempio. Una seconda fase del progetto forse sfocerà nell’Urp degli Urp.

 

Pistoia ha aderito al Progetto con 6,( poi diventate 9) amministrazioni: Comune, Inps, Azienda Usl 3, Prefettura, Provincia e Questura, riunite in “Pistoiainforma”.

 

L’ Obiettivo di “Pistoiainforma”è di offrire al cittadino i servizi di 6 enti diversi in una dimensione unitaria, con banche dati in comune finalizzate alla semplificazione delle procedure e ad evitare al cittadino di fare numerose file per informazioni attinenti alle amministrazioni in rete.

 

L’Urp è localizzato in centro accanto al Comune; i suoi locali sono confortevoli e non danno al cittadino la sensazione della “barriera” con l’amministrazione, che potrebbe ad esempio essere data da uno sportello.

L’Urp si fa portavoce dei bisogni del cittadino nelle alte sfere dell’amministrazione. Presta, inoltre, attenzione ai reali bisogni dei cittadini, evitando così di sprecare risorse nel soddisfacimento di bisogni fittizi, con in più un rilevante ritorno d’immagine presso il cittadino soddisfatto.

 

L’Urp monitora sistematicamente il grado di soddisfazione dei servizi pubblici presso i cittadini e l’evoluzione delle esigenze degli stessi (attività d’orientamento delle attività di comunicazione e d’informazione), attraverso la somministrazione di questionari, indagini di “customer satisfaction”. I questionari possono essere somministrati anche attraverso interviste al telefono. Ogni due, tre anni è attivata l’indagine di “customer satisfaction”: esempio ne è la ricerca (“fatta in casa”, cioè senza affidarsi ad aziende specializzate) del 1998-99 di “customer&people satisfaction”, ricerca che analizza anche la soddisfazione del “cliente interno” (impiegati, dirigenti, tutti gli uffici del Comune con cui l’Urp ha a che fare).

 

L’Urp “ideale”deve soddisfare il bisogno informativo dei cittadini, in modo tale da permettere agli stessi di esercitare un controllo sugli amministratori, controllo presupposto per rendere effettivi altri diritti. Inoltre, deve soddisfare anche il senso d’appartenenza del cittadino ad un gruppo sociale ben definito: anche da questo punto di vista, l’Urp pistoiese è promosso a pieni voti.

 

Lo strumento della banca dati è costruito dagli addetti all’ufficio; è corredato da un vocabolario base per la sua compilazione; i moduli sono scritti in linguaggio comprensibile, non in “burocratese”.

 

L’Urp pistoiese non poteva farsi sfuggire le innumerevoli opportunità offerte da Internet:, nel front office di Piazza del Duomo, è permessa ai cittadini la navigazione in cerca d’informazioni,con l’assistenza di funzionari. Sono operanti, inoltre, una rete civica, collegata a quella della Regione Toscana (dove si possono trovare le informazioni di base riguardanti l’assetto del Comune)e un servizio di posta elettronica.

 

L’Urp “ideale” deve avere un tipo di comunicazione interna a “stella”, completamente aperta e bidirezionale dal centro alla periferia. Pistoia mostra una notevole diversificazione umana e professionale degli operatori e due tipi di leader: uno che si occupa di raggiungere gli obiettivi (molto presente), e un altro che coordina l’attività dell’Urp (meno presente). La perfetta coincidenza di comportamento tra i due leader, contribuisce a dare del gruppo un’immagine unitaria.

 

A Pistoia si è ottenuto per tutti gli uffici del Comune un’unica carta intestata, in modo da proporre al cittadino un’immagine unitaria ogni volta che interagisce con l’ente.

 

I canali della comunicazione utilizzati dall’Urp di Pistoia sono: il volantino (utilizzato per la campagna dell’autocertificazione, del pagamento dell’ICI, di sensibilizzazione dei cittadini al problema dello sporco lasciato dai cani sulle strade della città); i manifesti (esteticamente accattivanti, ma dal linguaggio semplice e chiaro); i giornali (“Clacson”, dedicato ai ragazzi con informazioni sul lavoro, servizio di leva, scuola, AIDS; quadrimestrale “60&oltre”, per gli anziani, con notizie sulle Usl, sulla salute dell’anziano, etc.); il telefono amico nei mesi estivi (dedicato agli anziani: servizio che ha riscosso un successo talmente grande da indurre gli amministratori a riproporlo nel Natale 1998); iniziative varie (“Estate in varietà”: serie di manifestazioni e spettacoli dedicati agli anziani che rimangono soli d’estate; pubblicazione periodica di “Notizie animali”:foglio dedicato ai proprietari di animali); tv, televideo, radio.

 

Comune di Firenze: gli Urp “dedicati (8)”: Il Comune di Firenze istituisce l’Urp nel maggio del 1997. Tale servizio è presente, oggi, sul territorio con otto sportelli decentrati (con funzioni di “front-office”) ed una sede centrale (che funge da “back office”, da responsabile della comunicazione interna, assicurando inoltre che le sedi decentrate eroghino un servizio di qualità omogenea).

 

E’ curioso constatare come il 24,4% del totale dei contatti attenga a richieste d’informazioni non di competenza del Comune di Firenze, percentuale che enfatizza il ruolo dell’Urp come ufficio che per il cittadino è una vera e propria “guida all’orientamento”.

 

In tema di Urp, il Comune di Firenze costituisce un modello peculiare per la presenza di due Uffici per le Relazioni con il Pubblico “dedicati”: uno per gli immigrati di origine cinese, l’altro per i cittadini non udenti. Il primo è nato nell’ottobre 1998, per permettere agli immigrati cinesi residenti a Firenze, fortemente concentrati, per motivi legati alle attività produttive, in un quartiere periferico cittadino, di avere un valido interlocutore istituzionale per il soddisfacimento delle loro esigenze. Tale Urp “dedicato” dispone, così, di un servizio d’interpretariato cinese presente in giorni ed orari prestabiliti. Il secondo Urp “dedicato” è nato nel febbraio 1999 (primo in Italia del genere e premiato al concorso “Cento progetti al servizio dei cittadini” istituito dal Forum P.A. 2000), ha per titolo “il Comune ascolta chi non può ascoltare”, conta circa 50 contatti al mese e prevede la presenza di un operatore Urp specializzato nella lingua italiana dei segni e di particolari apparecchiature telefoniche che permettono al cittadino non utente di mettersi in contatto con l’operatore Urp. Il fatto che un numero rilevante di cittadini non utenti non residenti a Firenze abbiano contattato tale Urp “dedicato”, non può che testimoniare il grande successo riscontrato dal servizio in esame.

 

Comune di Prato: gli Urp “unificati”: L’esperienza del Comune di Prato (7) in tema di Urp è significativa per due grandi novità: il piano regolatore del tempo e degli orari della città e l’iniziativa dello “Sportello amico”.

Il piano regolatore del tempo e degli orari della città è un’iniziativa che tende ad organizzare gli orari d’attività degli uffici, delle attività commerciali in relazione alle esigenze e alle abitudini socioculturali di fruitori (utenti, clienti) ed operatori (istituzioni, commercianti), e all’impianto urbanistico-architettonico della città.

 

L’iniziativa dello “Sportello amico” è sfociata nell’unificazione in un unico sportello dei servizi relativi ai tre Urp della Prefettura, della Provincia e del Comune di Prato. I tre enti hanno così realizzato un servizio polifunzionale di accesso alla P.A. dove il cittadino possa trovare risposte chiare ed efficaci, risparmiandosi l’onere di recarsi in luoghi diversi per servizi in cui, nella maggior parte dei casi, si prevede l’intervento dei tre enti. Lo “Sportello Amico” fornisce informazioni su: tutti i servizi del Comune, della Provincia e della Prefettura, gare di appalto, concorsi, procedure amministrative; P.A. locali e centrali presenti in città; varie manifestazioni (eventi culturali, sportivi, congressuali, mostre e fiere) in città e nell’area metropolitana. Inoltre il servizio fornisce la modulistica necessaria per accedere agli atti, per usufruire dei servizi forniti dai tre enti e per segnalare suggerimenti ed eventuali disservizi.

 

 

USO DEL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

 

L’atto di comunicare

 

Il mondo contemporaneo si contraddistingue per rapidità e velocità, nella quale tutto è informazione e tutto è trasmissibile da un capo all’altro del pianeta in tempo reale; proprio in virtù di questa caratteristica peculiare del nostro tempo la “comunicazione” è divenuta una delle discipline più importanti e più eclettiche, essendo essa applicata ad ogni ambito dell’agire umano.

In realtà il concetto di comunicazione non è affatto una novità del nostro tempo, ma anzi è antico quanto l’uomo; infatti l’atto del comunicare, di qualunque natura esso sia ( gesto, parola o altro) nasce insieme al genere umano e ne permette l’esistenza stessa. Tutte le attività umane, anche quelle apparentemente più solitarie, non sono nient’altro che atti di comunicazione; lo stesso silenzio è una forma di comunicazione che veicola dei significati più o meno espliciti.

 

Probabilmente è per questa ragione che l’atto del comunicare, specie nella sua veste linguistica e sociologica, è sempre stato considerato un affascinante fenomeno da studiare, un fenomeno che ha sollecitato le menti di linguisti, scienziati, sociologi, psicologi eccetera.

 

Per ciò che riguarda l’aspetto più propriamente linguistico della comunicazione, uno studio scientifico vero e proprio non nasce fino ai primi del 1900, quando Ferdinand de Saussure, con le sue magistrali lezioni di Linguistica tenute all’Università di Ginevra, apre le porte ad una nuova concezione della comunicazione verbale e getta le basi per l’evoluzione sempre della disciplina. Alla base del suo sistema scientifico è la famosa distinzione tra langue, “l’insieme di convenzioni adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio della facoltà del linguaggio negli individui”[3], e parole, ovvero l’esecuzione individuale per mezzo della quale l’individuo utilizza il codice della lingua per esprimere il proprio pensiero personale. Questa fondamentale intuizione scientifica, associata ad uno studio rigoroso degli aspetti fonetici e storici del linguaggio, è diventata la base delle ricerche degli studiosi successivi, costretti a confrontarsi con le lezioni saussuriane, anche nei casi i cui le loro teorie hanno tentato di distaccarsene. Infatti, da De Saussure in poi sarà un susseguirsi di ricerche e di studi sugli usi del linguaggio nella comunicazione, di tentativi di creare dei modelli e degli schemi esaustivi riguardanti il meccanismo dell’interazione linguistica tra gli individui, modelli e schemi certamente teorici, ma applicabili ad ogni ambito della comunicazione tra gli esseri umani.

 

Tra queste teorie, è impossibile non citare, seppure brevemente, lo schema della comunicazione ideato da Roman Jakobson, secondo il quale ogni atto comunicativo necessita di una serie di elementi che lo compongono. Infatti, è fondamentale che vi siano un emittente e un destinatario, ovvero persone, gruppi o istituzioni che si scambiano un determinato messaggio. Questo, a sua volta, viene creato secondo un codice comune ben preciso che permette ad entrambi gli interlocutori di intendersi e che riguarda un contesto, una certa realtà.

 

Tale schema, sebbene nel tempo sia stato rivisto e anche superato da nuove teorie linguistiche e da nuovi studi (nonché da un nuovo significato del comunicare inteso come “far partecipe, rendere comune ad altri, dividere insieme”) rimane comunque fondamentale qualora si voglia avere un approccio alla materia ed è, inoltre, attuale, poiché è applicabile a qualunque situazione comunicativa e, quindi, anche al quel particolare settore della comunicazione che è il linguaggio istituzionale, dove l’emittente e/o il destinatario possono identificarsi di volta in volta con enti, istituzioni, amministrazioni e semplici cittadini. È chiaro che il modo di comunicare di un ente o istituzione ha in sé delle caratteristiche specifiche, dettate dalla natura dello scambio di informazioni tra l’ente stesso e i destinatari del messaggio (solitamente i cittadini), dalla natura delle informazioni trasmesse (di tipo estremamente burocratico e settoriale), dal tipo di immagine che l’istituzione vuole offrire all’esterno e dai mezzi che utilizza per crearla; nonostante ciò, appunto, tale schema è perfettamente applicabile.

 

Ma che cosa si intende esattamente per linguaggio della comunicazione istituzionale?

 

Fondamentalmente la comunicazione istituzionale (intesa nel senso di scambio di notizie tra un emittente e un destinatario) altro non è se non tutto quell’insieme di informazioni, materiali e servizi che una Pubblica Amministrazione mette a disposizione della propria utenza, utilizzando svariati veicoli di trasmissione, dal contatto diretto con il pubblico (sportelli, URP ecc.), alla carta stampata (comunicati stampa, bandi di gara ecc.), all’informazione di tipo pubblicitario (campagne promozionali, volantini, affissioni) fino agli strumenti informatici (posta elettronica, pagine web, intranet ecc.).

Chiaramente questo bagaglio di notizie necessita di un linguaggio specifico, che sia nello stesso tempo in grado di adattarsi alle esigenze degli argomenti da trattare (spesso leggi, normative e simili), ma che sia anche comprensibile da parte del destinatario, ovvero il semplice cittadino, fruitore dei servizi offerti dell’ente.

 

Tra governance e cittadinanza

 

Negli ultimi anni la struttura della burocrazia ha subito una profonda trasformazione, da un modello di tipo gerarchico, basato su una spiccata dicotomia tra Stato e cittadini, si è passati ad un modello i cui poli fondamentali, politica, opinione pubblica e pubblica amministrazione, sono tutti potenzialmente equivalenti e paritari. Di conseguenza, adesso anche la pubblica amministrazione, dopo anni di lontananza e di “ostilità” nei confronti del cittadino, dovrà parlare in italiano e il “burocratese” sarà (si spera) definitivamente bandito.

 

Al cittadino viene finalmente riconosciuto un ruolo attivo nel processo di comunicazione; infatti ha libero accesso alle leggi, ai regolamenti, ai procedimenti amministrativi che lo riguardano e dialoga direttamente con uffici, dei quali può anche valutare la qualità e l’efficienza nello svolgimento delle varie attività, esercitando così una sorta di controllo democratico.

 

In questo scenario innovativo, l’ufficio per le relazioni con il pubblico si pone come una struttura fondamentale per ogni pubblica amministrazione, poiché rende possibile un rapporto attivo con gli utenti; una struttura che, oltre all’informazione tecnica, svolge anche un’importante attività di monitoraggio, rilevando i bisogni dei cittadini, il loro grado di soddisfazione (customer satisfaction) per i servizi offerti e proponendo idee per migliorarne la qualità.

 

In tale contesto un ruolo fondamentale è giocato sia dalla normativa della semplificazione amministrativa, che dalle iniziative in favore della semplificazione linguistica; infatti, l’uso di un linguaggio semplice e chiaro mette a proprio agio il cittadino e smorza l’impatto, spesso problematico, con la burocrazia.

 

Ma la semplificazione del linguaggio amministrativo non è cosa facile, poiché la sua difficoltà è intrinseca, provenendo dalla sua stessa natura, ed è proprio questa la ragione per cui esso appare ai cittadini come un idioma oscuro e intricato e, soprattutto, lontanissimo dalla vita reale.

 

Una delle caratteristiche della lingua italiana è la ricchezza espressiva, alla quale si può attingere liberamente e che ci permette di esprimere lo stesso concetto in svariati modi diversi; è però compito dell’emittente scegliere il registro, lo stile e la struttura più opportuna, in base alla persona o al gruppo di persone alle quali è diretto il messaggio (uno stesso testo può apparire chiaro e lineare ad alcuni, ma risultare del tutto incomprensibile ad altri) e in base agli obiettivi che si vogliono raggiungere.

 

Poiché le amministrazioni pubbliche solitamente si rivolgono alla generalità indistinta della cittadinanza, i loro testi dovranno essere improntati alla massima semplicità e chiarezza. Non bisogna mai dimenticare che nel testo interagiscono sempre tre livelli:

 

1)    l’organizzazione logico-concettuale;

2)    la sintassi;

3)    il lessico.

 

Le difficoltà che il comune cittadino incontra di fronte a certe comunicazioni delle pubbliche amministrazioni dipendono dal fatto che chi comunica spesso dimentica cosa comunica, a chi la comunica, perché la comunica e qual è la maniera migliore per comunicarla.

 

Pianificare un testo significa chiedersi: “Chi è il destinatario?”, ovvero fare delle ipotesi sull’età, sul sesso, il luogo di residenza, il livello culturale eccetera (in termini aziendali, si potrebbe parlare di individuazione del target). Sono proprio queste variabili che rendono lo stesso messaggio potenzialmente chiaro e complesso nello stesso tempo e possono dare a chi comunica un’importante indicazione su come strutturare il testo (per esempio che terminologia utilizzare, quali costrutti sintattici sono da preferire eccetera).

 

Un altro elemento da considerare riguarda il contenuto del testo; un testo, qualunque sia la sua natura, è tanto più chiaro quanto più contiene in modo esplicito tutte le informazioni necessarie a chi legge per capirlo.

 

Nell’organizzare i temi principali dell’idea che si vuole trasmettere, i criteri essenziali da seguire sono due: la rilevanza delle informazioni, in modo da distinguere in maniera inequivocabile quelle principali da tutto il resto, e la loro gerarchizzazione, ovvero la presentazione dei concetti secondo un ordine ben preciso , dal più generale al più particolare. Affinché i testi siano chiari, inoltre, è necessario che contengano tutte le informazioni indispensabili per la loro comprensibilità; anche per i testi delle pubbliche amministrazioni vige la famosa regola del giornalismo anglosassone delle cinque W: who, what, when, where, why, un vera e propria guida alla completezza del messaggio.

 

Dal punto di vista della costruzione sintattica dell’elaborato, solitamente le frasi più brevi sono più scorrevoli rispetto a quelle lunghe e tortuose, anche se non mancano i casi di periodi corti ma oscuri; nonostante questa possibilità, è comunque consigliabile evitare frasi troppo lunghe ed, inoltre, sarebbe preferibile optare per una costruzione di tipo paratattico, cioè basata sulla coordinazione delle proposizioni, piuttosto che di tipo ipotattico, cioè basata sulla subordinazione. La coordinazione, infatti, per la sua stessa natura, attribuisce al discorso un carattere incisivo ed essenziale, accentuandone le caratteristiche di linearità e agilità e quindi è particolarmente adatta al linguaggio amministrativo, la cui principale caratteristica dovrebbe essere la chiarezza. Non è un caso, infatti, che questo tipo di costruzione, con le dovute differenze stilistiche, è la modalità espressiva istintivamente usata nel linguaggio parlato, quando, cioè, l’unico obiettivo è farsi capire dal proprio interlocutore, senza delle eccessive pretese stilistiche.

 

Se l’organizzazione delle informazioni e la struttura del periodo sono elementi di indiscussa importanza per ottenere un testo chiaro, non va dimenticato il ruolo altrettanto rilevante svolto dal lessico, che può compromettere in maniera seria la comprensione del messaggio, nel caso in cui sia troppo tecnico o ricercato. È evidente, dunque, che nello scrivere un comunicato di pubblica utilità, rivolto alle grandi masse, sarebbe auspicabile evitare parole rare, arcaiche o eccessivamente auliche per non compromettere il fine del messaggio stesso; e nei casi in cui non sia possibile seguire tale metodo (per esempio qualora fosse indispensabile ricorrere a termini tecnici, giuridici, medici eccetera), la costruzione della frase dovrebbe compensare un lessico ostico con una linearità estrema e lontana da ogni possibile ambiguità.

 

Per tutte queste ragioni, non sarebbe una cattiva idea prevedere all’interno degli uffici pubblici l’esistenza di figure professionali esperte in semplificazione linguistica, con il compito di controllare ed eventualmente riscrivere i testi prodotti e di curare la formazione del personale, così come sarebbe utile pianificare dei corsi di aggiornamento per tutti coloro che operano nel settore della pubblica amministrazione a stretto contatto con il pubblico, al fine di migliorarne le competenze linguistiche e, di conseguenza, facilitare la vita al comune cittadino.

 

Tali figure professionali si rivelerebbero preziose anche in tutti quei casi in cui la pubblica amministrazione voglia stabilire un tipo di comunicazione diversa con il cittadino, una comunicazione che rientri nella classificazione del linguaggio istituzionale, ma che possieda delle caratteristiche differenti. Ci stiamo riferendo a quei messaggi prodotti dagli enti pubblici che mirano a pubblicizzare più che informare, a “vendere” più che a offrire un servizio; rientrano in questa tipologia tutte le comunicazioni di tipo pubblicitario e promozionale con le quali non si dà, per l’appunto, una informazione di servizio al cittadino, ma lo si invita a riconsiderare l’immagine che egli ha dell’istituzione e se ne cerca l’approvazione.

 

Questo tipo di comunicazione non presenta tutte le difficoltà dettate da tematiche tecniche e complesse di cui si è detto sopra, ma comunque deve essere caratterizzata da un linguaggio molto particolare, tutto sommato vicino a quello della pubblicità. Infatti, la combinazione di immagini e parole, ha come fine quello di catturare l’attenzione del cittadino e di coinvolgerlo nelle attività organizzate dall’ente, siano esse conferenze, sagre, manifestazioni sportive, spettacoli teatrali, concerti eccetera.

 

I colori, la grafica e le immagini dovrebbero essere coerenti con il tema della comunicazione, ma nello stesso tempo originali quanto basta a suscitare interesse; questa regola è applicabile a qualsiasi modalità espressiva si intenda utilizzare, dal manifesto stradale, al volantino pubblicitario, all’annuncio pubblicitario sui periodici, fino, perché no, all’estetica delle pagine web, nelle quali un aspetto accattivante è importante quanto un’organizzazione sapiente e funzionale del sito. Insomma, il cittadino deve essere invogliato a guardare la locandina con più attenzione o a visitare nuovamente una pagina web, e l’impatto visivo svolge un ruolo fondamentale in tal senso.

 

Accanto all’aspetto grafico della questione, si colloca l’aspetto linguistico, che è poi ciò che interessa maggiormente il nostro lavoro.

 

Chiaramente le possibilità comunicative di questo tipo di messaggi sono fortemente influenzate dal fatto che, solitamente, essi devono essere estremamente brevi e puramente informativi; infatti devono necessariamente fornire le indicazioni essenziali riguardanti l’evento pubblicizzato, ovvero il nome, il luogo, l’orario, la tipologia e la finalità (ritorna alla ribalta la regola delle cinque W di cui abbiamo parlato in precedenza), lasciando quindi poco spazio a disposizione per le capacità creative di coloro che curano i testi. Il risultato, spesso e volentieri, è un messaggio spoglio e scialbo, assolutamente incapace di attrarre il lettore/cittadino.

 

In che modo è possibile rimediare a tale inconveniente?

 

A nostro avviso, come già anticipato, sarebbe utile “copiare” dalla pubblicità, in cui la creatività di copywriter e art director intelligenti, unita a solide conoscenze linguistiche, dà vita a messaggi brevi ma efficaci; di conseguenza, sarebbe molto produttivo utilizzare anche nel campo della comunicazione istituzionale gli strumenti che la lingua italiana ci offre, come per esempio figure retoriche e costruzioni sintattiche eleganti, al fine di trasformare una informazione incolore in un testo brillante che rimanga impresso, esattamente come accade per le pubblicità migliori.

 

Purtroppo una tale concezione della comunicazione istituzionale non è ancora molto diffusa per cui, se ogni tanto capita di vedere pagine web ben strutturate, locandine e manifesti intelligentemente ideati, il più delle volte il cittadino è costretto a confrontarsi con testi spogli e banali e con una grafica scadente.

 

Nonostante, quindi, gli innegabili progressi fatti dalle pubbliche amministrazioni per superare la cattiva immagine derivante da anni di disservizi, è ancora possibile fare molto per migliorare, non dimenticando che una comunicazione efficace, accurata e chiara può essere la carta vincente per ogni istituzione che si rispetti. In fondo, non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta e, purtroppo, i responsabili delle strutture di comunicazione non sempre lo ricordano.

 

 

PERCORSI LEGISLATIVI DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

 

 

Si possono distinguere modelli di comunicazione pubblica correlati con le fasi differenti del mutamento sociale.

Un primo modello “storico” è quello della “Comunicazione pubblica in funzione propagandistica”: “L’obietivo dell’istituzione non era quello di promuovere un funzionale rapporto con gli utenti, di informarli e di coglierne le esigenze, ma quello di dare una migliore immagine di se stessi” (Rolando, ’95). E’ per questa ragione che il rapporto con l’esterno era di solo appannaggio dei pubblicitari o degli operatori di relazioni pubbliche, con l’intento di vendere nel modo migliore le attività interne. In questo caso si ha l’identificazione tra identità politica e identità amministrativa. Ad essere importante era la percezione sul mercato politico. Né il Parlamento, né il Governo si preoccupavano di innescare comunicazione, compito demandato ai singoli uomini politici e partiti che perseguivano i propri interessi.

 

Dopo i primi anni settanta si passa ad una seconda fase caratterizzata dal “modello informativo a senso unico”, con il quale inizia progressivamente a svilupparsi una più accentuata coscienza dei diritti e dei doveri che legano le istituzioni ai cittadini. In questo scenario inizia ad emergere la necessità di informare i cittadini sulle diverse “offerte” alle quali possono accedere, sui servizi e le opportunità: si ha voglia di più trasparenza, in una nuova ottica in cui si hanno diritti non più violabili da una cultura del “segreto”. In questa fase non si è ancora sviluppata la cultura del marketing istituzionale, il cittadino viene percepito ancora come “ricettore passivo”, e la comunicazione è a senso unico.

 

Con il decentramento istituzionale, si hanno diverse innovazioni nel panorama della comunicazione pubblica italiana, che però avrà un balzo in avanti solo in tempi recenti.

 

Si giunge, così, all’ultima fase, quella della “Comunicazione bidirezionale”, in cui il cittadino è visto come soggetto attivo del processo comunicativo: il suo apporto è essenziale, non solo per la definizione dei compiti, ma anche per la riuscita della comunicazione pubblica stessa. E’ questa, appunto, la fase in cui si afferma il marketing dei servizi, e contemporaneamente cambiano le condizioni per cui la trasparenza e la pubblicità degli atti amministrativi diventano atti dovuti. Due sono, quindi, i flussi di comunicazione che dall’istituzione muovono verso i cittadini-utenti: la comunicazione autoprodotta, inclusiva di informazioni sui servizi offerti, e comunicazione eteroprodotta.

 

 1. Tra riforme e mercato

 

            Come abbiamo visto, attraverso l’evoluzione storica del sistema politico-amministrativo italiano, negli anni novanta è stato innescato un grande processo riformatore, che ha visto la pubblica amministrazione essere oggetto d’interesse del legislatore, nella messa in atto di una serie di leggi finalizzate alla ridefinizione del suddetto comparto. In questi anni, infatti, è stato alimentato un reale cambiamento delle attese verso la pubblica amministrazione, portandola verso due direzioni normative: decentramento e trasparenza.

 

            Le prime due iniziative normative che hanno avviato tale processo sono state la legge 142/90 e la 241/90. La prima prevedeva il riassetto delle autonomie locali, affinché potessero garantire i diritti di accesso e informazione, la seconda sanciva il diritto di partecipazione al procedimento amministrativo.

 

            Queste leggi hanno introdotto delle novità in grado di interrompere la continuità con cui si è andato a riprodurre nel tempo un modello di amministrazione autoreferenziale, mettendo fine al rapporto in cui le parti della relazione risiedono su due diversi livelli. Da un lato il cittadino ( che rappresenta la domanda) abbandona la posizione di inferiorità, richiedendo non solo parità ma un vero e proprio riscatto, mentre l’ente pubblico (che rappresenta l’offerta) si muove con lentezza verso la messa a punto di servizi improntati sull’interattività.

 

            Il governo Amato, attraverso il d.lgs. n. 29 del febbraio ’93, mette a segno un importante punto sulla lunga strada delle riforme della pubblica amministrazione: l’Ufficio di relazione col pubblico, con semplicissimi compiti informativi. I cinque commi dell’articolo 12 sono stati la base per le successive disposizioni, fino alla legge 150.

 

            Come osserva Paciello1 il legislatore ha spostato progressivamente i compiti dell’Urp dall’attuazione dei diritti della legge 241/90 all’ascolto dei bisogni. Conferma della direzione di questo cambiamento di ruolo si trova leggendo la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 7.2.02 in cui al capo 4 si parla propriamente di marketing istituzionale: “Attraverso una attività strategica l’amministrazione pubblica studia in anticipo i bisogni dei cittadini, in modo che questi possano trovare adeguato spazio all’interno degli atti di programmazione”.

 

            L’esigenza del passaggio da un modello classico e burocratico, giuridico e istituzionale a quello economico aziendale, in una logica di servizio pubblico, nasce dalla composizione del “mercato”, inteso come la possibilità di scelta da parte del cittadino-cliente di varie alternative tra offerta pubblica e privata o tra alternative di offerta dello Stato, e l’introduzione della variabile prezzo, in senso lato, evidenziabile negli scambi a vario titolo tra pubblica amministrazione e cittadino.

 

 2. Legge 241/1990

 

 

La legge 241/1990, recante “Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, ha introdotto, più o meno direttamente, due filosofie rivoluzionarie nel rapporto P.A.-Cittadini: l’aziendalizzazione della P.A. e la “Responsiveness”, fenomeno per cui la P.A., assume, dinanzi ai cittadini, l’obbligo di raggiungere determinati obiettivi, dovendo rendere conto dell’eventuale fallimento degli stessi. La legge in questione, inoltre, è la prima in Italia a disciplinare compiutamente le fasi del procedimento amministrativo, fissando alcuni principi generali che devono informare lo stesso:

 

“Principio del giusto procedimento”

Garantisce il diritto degli interessati di partecipare al procedimento, così da controllare dall’interno l’attività dei pubblici poteri, e si articola sia nell’obbligo della P.A. di comunicare agli interessati la notizia dell’avvio del procedimento (art. 7), che nella possibilità, da parte della P.A. precedente, di concludere con gli interessati accordi finalizzati alla determinazione del contenuto o alla sostituzione del provvedimento amministrativo (art. 11).

 

“Principio di trasparenza”

 

Consente ai cittadini l’esercizio di un controllo democratico su tutte le fasi in cui si espleta l’operato della P.A., al fine di verificarne la correttezza e l’imparzialità. Tale principio prevede: l’obbligo di conclusione del procedimento con un provvedimento esplicito (art.2);

 

l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo (art.3); l’identificazione del responsabile del procedimento (artt. 4-6); il riconoscimento del diritto dei cittadini a partecipare all’iter procedimentale (artt. 7-13); il diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt.22-28);

 

“Principio di semplificazione”

 

In ossequio ai principi di economicità ed efficacia (di cui si parlerà in seguito), è volto allo snellimento dell’azione amministrativa, mediante l’introduzione di alcuni istituti quali le conferenze di servizi (art.14): forma di cooperazione tra le P.A. avente lo scopo di realizzare, attraverso l’esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti, la semplificazione di taluni procedimenti amministrativi complessi.

 

A ciò si aggiungano gli “Accordi fra amministrazioni pubbliche”, che disciplinano lo svolgimento di attività di pubblico interesse in collaborazione (art. 15).

 

“Generalizzazione del silenzio facoltativo”

 

Istituto che permette all’amministrazione di procedere prescindendo da un parere che non sia stato espresso entro i termini previsti (art.16).

 

“Generalizzazione del silenzio devolutivo”

 

Questo istituto permette di richiedere valutazioni tecniche di necessaria acquisizione ad organi diversi da quelli strettamente competenti, qualora questi ultimi non si siano espressi entro un determinato termine (art. 17).

 

“Attuazione dell’istituto dell’autocertificazione”

 

Istituto che solleva il cittadino dall’onere di certificare, al fine del conseguimento di un certo atto, determinati requisiti e dati, consentendogli di rendere solo una dichiarazione sostitutiva (art.18).

 

“Denunzia in luogo di autorizzazione”

 

Istituto che permette ai privati di intraprendere l’esercizio di un’attività in base ad una semplice denuncia (art. 19).

 

“Generalizzazione del silenzio-assenso”

 

Istituto che fa sì che in determinati casi, il provvedimento d’autorizzazione necessario ai fini dell’esercizio di un’attività debba considerarsi rilasciato in mancanza di una comunicazione di diniego entro un dato termine (art. 20).

Gli altri importanti principi ispiratori della legge 241/1990, sono: “economicità”, “efficacia” (raffronto tra risultati conseguiti ed obiettivi programmati), “efficienza” (raffronto tra risorse impiegate e risultati conseguiti), “pubblicità”. I primi due si articolano inoltre nel principio del “divieto di aggravamento del procedimento” ( art. 1, 2°comma), che impedisce alla P.A. di aggravare il procedimento, salvo straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. Tutti e quattro sono un’articolazione delle filosofie dell’”aziendalizzazione” e della “responsiveness” della P.A.

 

 

3. Decreto legislativo 29/1993

 

 

Nel decreto legislativo 29/1993, art. 12, compare per la prima volta la disciplina che istituisce la figura rilevante degli URP (Uffici per le Relazioni con il Pubblico). Il primo comma annovera esplicitamente la legge 241/1990, come legge ispiratrice, disponendo che “gli Urp nascono allo scopo di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n.241”. Il secondo comma illustra i compiti dell’Urp, che sono:

-          servizio all’utenza per i diritti di partecipazione indicati dalla legge 241/1990, al capo III (art. 7-13);

-          informazione all’utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti;

-          ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l’utenza.

 

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 Ottobre 1994

 

 

La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 ottobre 1994, recante norme “sui principi per l’istituzione ed il funzionamento degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico”, s’inserisce sulla scia del Decreto legislativo 29/1993, dettando regole dettagliate sugli Urp.

 

Le finalità degli Urp sono:

-          dare attuazione al principio della trasparenza dell’attività amministrativa, al diritto di accesso alla documentazione e ad una corretta informazione;

-          rilevare sistematicamente i bisogni ed il livello di soddisfazione dell’utenza per i servizi erogati; collaborare per adeguare i fattori che determinano la qualità dei servizi stessi;

-          proporre interventi per favorire l’ammodernamento delle strutture, la semplificazione dei linguaggi e l’aggiornamento delle modalità con cui le Amministrazioni si propongono all’utenza (art. II).

 

Le attività degli Urp sono:

-          fornire servizi all’utenza per i diritti di partecipazione istituiti dal capo III della legge 241/1990;

-          fornire informazioni all’utenza sugli atti amministrativi, sui responsabili, sullo svolgimento e sui tempi di conclusione dei procedimenti, e sulle modalità di erogazione dei servizi;

-          svolgere ricerche e analisi finalizzate alla conoscenza dei bisogni dell’utenza e al miglioramento dei rapporti con quest’ultima;

-          promuovere e realizzare iniziative di comunicazione di pubblica utilità per assicurare la conoscenza di normative, strutture pubbliche e servizi erogati e l’informazione sui diritti dell’utenza nei rapporti con le Amministrazioni (art. III).

 

I fruitori dell’attività degli Urp sono le persone fisiche e giuridiche interessate a richiedere informazioni sulle attività, le strutture ed i servizi delle P.A. (art. V).

 

L’ organizzazione degli Urp, è demandata alla direttiva che dispone che gli Urp sono istituiti dove si svolge l’attività di amministrazione attiva di maggior contatto con i cittadini-utenti. Un’unità centrale individuata dalle Amministrazioni svolge, ove ne ricorrano le condizioni, funzioni di promozione, programmazione, organizzazione e coordinamento dell’attività degli uffici. Il livello degli uffici è adeguato alla struttura, all’impianto organizzativo, alle dimensioni ed alla natura dell’attività svolta dalle P.A.

 

Agli Urp sono preposti responsabili in possesso di qualifica dirigenziale, per assicurare un adeguato livello di rappresentatività ed una concreta capacità di dialogo e di collaborazione con le strutture dell’Amministrazione di appartenenza.

 

Gli Urp rappresentano il “luogo d’incontro” fra gli utenti e le strutture pubbliche, che emanano provvedimenti amministrativi e/o erogano servizi; l’istituzione degli Urp non modifica le funzioni e l’organizzazione delle P.A., né deve creare sovrapposizioni di competenze. Gli Urp devono essere accoglienti…

 

I locali degli Urp devono:

-          essere facilmente individuabili ed accessibili;

-          osservare un orario di ricevimento pubblico distribuito anche nelle ore pomeridiane;

-          utilizzare personale con approfondita conoscenza dell’organizzazione della P.A. d’appartenenza, professionalmente qualificato per l’accoglienza del pubblico e delle istanze presentate e per la ricezione delle richieste di informazioni attraverso sistemi telematici, di posta elettronica, videotel, postali e telefonici.

 

Gli Urp devono inoltre:

-          fornire risposte immediate (raccogliendo informazioni e documentazione ed attivando collegamenti telematici con banche dati, anche di altre P.A., e/o di organismi privati);

-          fornire risposte differite, risposte da fornire in un tempo non superiore a 48 ore, relative a ricerche più complesse (art. VI-VII).

 

Le attività degli Urp

 

Analisi e ricerca sull’utenza

 

Si esplica attraverso indagini sul grado di soddisfazione dell’utenza per i servizi erogati e sull’evoluzione dei bisogni e delle esigenze. Tale attività serve alla programmazione di iniziative di comunicazione e di formazione e per formulare proposte di adeguamento dell’organizzazione e delle procedure delle P.A. (art. VIII).

 

Comunicazione

 

Si esplica attraverso la collaborazione degli stessi con le P.A., per la realizzazione di iniziative di comunicazione di pubblica utilità volte ad assicurare la conoscenza di normative, strutture e servizi, e ad informare sui diritti dell’utenza nei rapporti con le P.A. (art. IX).

 

Infine, tale direttiva istituisce il Piano annuale di comunicazione istituzionale di pubblica utilità delle amministrazioni statali predisposto dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria sulla base dei programmi presentati dalle amministrazioni statali (art. X).

 

4. Legge 59/1997

 

 

La legge 15 marzo 1997, n.59, recante “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione”, detta Bassanini dal nome del proponente, è una legge che delega il governo ad emanare decreti legislativi atti a trasferire funzioni dallo Stato agli enti locali, e a snellire l’azione amministrativa mediante istituti quali quello dell’autocertificazione. Come si vedrà, tale legge, come la Bassanini-bis, svilupperanno principi quali quello dell’efficacia, dell’efficienza, della trasparenza, istituiti dalla legge 241/1990. Ai fini dell’ oggetto della nostra analisi, tale legge dispone, infatti:

-          che il Governo sia autorizzato ad adottare decreti legislativi per il riordino e il potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche (art. 11, 1° comma, lett. c);

-          che in tale attività il Governo sia ispirato ai seguenti principi e criteri direttivi: eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, all’interno di e tra amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità (art. 12, 1° comma, lett. g);

-          garantire la speditezza dell’azione amministrativa e il superamento della frammentazione delle procedure (art. 12, 1° comma, lett. p);

-          organizzare le strutture secondo criteri di flessibilità (art. 12, 1° comma, lett. r); prevedere che ciascuna amministrazione organizzi un sistema informativo-statistico di supporto al controllo interno di gestione (art. 17, 1° comma, lett. a);

-          prevedere sistemi per la valutazione, sulla base di parametri oggettivi, dei risultati dell'attivita' amministrativa e dei servizi pubblici favorendo ulteriormente l'adozione di carte dei servizi e assicurando in ogni caso sanzioni per la loro violazione, e di altri strumenti per la tutela dei diritti dell'utente e per la sua partecipazione, anche in forme associate, alla definizione delle carte dei servizi ed alla valutazione dei risultati (art. 17, 1° comma, lett. b);

-           prevedere che ciascuna amministrazione provveda periodicamente alla elaborazione di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicita' ed alla valutazione comparativa dei costi, rendimenti e risultati (art. 17, 1° comma lett. c);

-          collegare l'esito dell'attivita' di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati alla allocazione annuale delle risorse (art. 17, 1° comma, lett. d);

-          costituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una banca dati sull'attivita' di valutazione, collegata con tutte le amministrazioni e accessibile al pubblico (art. 17, 1° comma, lett. e);

-          che il Comitato scientifico istituito dalla legge 537/1993, individui progetti finalizzati alla modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, all’efficacia e all’efficienza dei servizi pubblici (art. 16, 1°comma);

-          che il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenti al Parlamento un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi, coinvolgenti anche amministrazioni centrali, locali o autonome (art. 20, 1° comma);

-          che i conseguenti regolamenti si conformino ai seguenti criteri e principi:

a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche riordinando le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e costituendo centri inter-servizi dove raggruppare competenze diverse ma confluenti in una unica procedura (art. 20, 5° comma, lett. a);
b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi (art. 20, 5° comma, lett. b);

c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione (art. 20, 5° comma, lett. c);
d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima attivita', anche riunendo in una unica fonte regolamentare, disposizioni provenienti da fonti di rango diverso, ovvero che pretendono particolari procedure, fermo restando l'obbligo di porre in essere le procedure stesse (art. 20, 5° comma, lett. d); e) semplificazione ed accelerazione delle procedure di spesa e contabili (art. 20, 5° comma, lett. e);

f) individuazione delle responsabilità e delle procedure di verifica e controllo (art. 20, 5° comma, lett. g);

g) previsione, per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli     obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione, di forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento;   contestuale individuazione delle modalita' di pagamento e degli uffici che assolvono all'obbligo di corrispondere l'indennizzo, assicurando la massima pubblicita' e conoscenza da parte del pubblico delle misure adottate e la massima celerita' nella corresponsione dell'indennizzo stesso (art. 20, 5° comma, lett. h); che i servizi di controllo interno compiano accertamenti sugli effetti prodotti dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei procedimenti amministrativi e possano formulare osservazioni e proporre suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento dell'azione amministrativa (art. 20, 6°comma).

 

 

5. Legge 127/1997

 

 

La legge 15 maggio 1997, n.127, recante “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”, definita “Bassanini-bis”, prevede alcune norme significative.

Il Governo è autorizzato ad adottare regolamenti per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, tenendo conto anche dei seguenti principi e criteri direttivi:

-          eliminazione o riduzione delle fasi procedimentali che si svolgono tra uffici di diverse amministrazioni o della medesima amministrazione (art. 2, 12° comma, lett. b);

-          riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti (art. 2, 12° comma, lett. e); regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione (art. 2, 12° comma, lett. f);

-          riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima attività, anche riunendo in una unica fonte regolamentare, disposizioni provenienti da fonti di rango diverso, ovvero che richiedano particolari procedure (art. 2, 12° comma, lett. g).

Infine, da rilevare la norma dell’articolo 6, 1° comma, secondo la quale i comuni e le province nel disciplinare con appositi regolamenti, in conformità con lo statuto, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, devono attenersi ai criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione, e ai principi di professionalità e responsabilità.

In deroga, quindi al criterio cronologico, introduciamo l’analisi del decreto legislativo 165/2001, che dispone norme fondamentali per gli Urp, per poi passare all’analisi della legge 150/2000 e dei relativi regolamenti.

 

 

6. Legge 150/2000

 

La legge 7 giugno 2000, n.150, reca norme sulla “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni”.

L’articolo 1, comma 4 considera attività d’informazione e di comunicazione istituzionale, quelle poste in essere in Italia o all’estero dalle P.A. e volte a conseguire:

-          l’informazione ai mass-media, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;

-          la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;

-          la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascun ente.

Gli obiettivi delle attività d’informazione e di comunicazione sono i seguenti:

-          illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, per facilitarne l’applicazione;

-          illustrare l’attività delle istituzioni ed il loro finanziamento; favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendo la conoscenza; promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;

-          favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati, e la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;

-          promuovere l’immagine delle P.A., e quella dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenze e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.

Le attività d’informazione e di comunicazione istituzionale non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico (art. 1, comma 5).

L’articolo 2 prevede vari mezzi di attuazione delle attività d’informazione e di comunicazione:

-          programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria;

-          pubblicità;

-          distribuzione o vendite promozionali;

-          affissioni;

-          manifestazioni e rassegne specialistiche, fiere e congressi;

-          strumentazione grafico-editoriale;

-          strutture informatiche;

-          funzioni di sportello;

-          reti civiche;

-          iniziative di comunicazione integrata;

-          sistemi telematici multimediali.

L’articolo 3 prevede:

-          che la Presidenza del Consiglio dei ministri determini i messaggi di utilità sociale o di pubblico interesse;

-          che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito; che le concessionarie radiotelevisive e le società autorizzate possano, per finalità di esclusivo interesse sociale, trasmettere messaggi di utilità sociale (che possono essere trasmessi gratuitamente).

L’articolo 4 dispone:

-          che le P.A. individuino, nell’ambito delle proprie dotazioni organiche, il personale da adibire alle attività d’informazione e di comunicazione e programmino la formazione;

-          che le attività di formazione siano svolte da:

-          Scuola superiore della pubblica amministrazione;

-          scuole specializzate di altre amministrazioni centrali;

-          università (soprattutto i corsi di laurea in scienze della comunicazione e materie assimilate);

-          Formez;

-          strutture pubbliche e private con finalità formative che adottano particolari modelli formativi.

L’articolo 5 prevede l’adozione di un regolamento (che sarà poi il D.P.R. 422/2001), entro 60 giorni dalla data d’entrata in vigore della legge, per l’individuazione dei titoli per l’accesso del personale da utilizzare presso le P.A. per le attività d’informazione e comunicazione, e per disciplinare gli interventi formativi e di aggiornamento per il personale che già svolge attività d’informazione e di comunicazione.

Le attività d’informazione si realizzano attraverso il portavoce, le attività di comunicazione attraverso gli Urp, gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della P.A., gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese. Ciascuna amministrazione definisce le strutture e i servizi finalizzati alle attività d’informazione e di comunicazione e al loro coordinamento, confermando provvisoriamente, le funzioni d’informazione e di comunicazione al personale che già le svolge (art. 6).

Il portavoce può coadiuvare l’organo di vertice della P.A., per i rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi d’informazione. Esso può essere esterno alla P.A. e non può esercitare, per tutta la durata dell’incarico, attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche (art.7).

L’articolo 8 disciplina l’attività degli Urp. Si prevede che:

-          l’attività degli Urp sia indirizzata ai cittadini singoli e associati;

-          le P.A. entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, adottino regolamenti per ridefinire i compiti e l’organizzazione degli Urp, secondo vari criteri:

garantire l’esercizio dei diritti d’informazione, di accesso e di partecipazione istituiti dalla legge 241/1990; agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, e l’informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni stesse; promuovere l’adozione di sistemi d’interconnessione telematica e coordinare le reti civiche; attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti; garantire la reciproca informazione fra l’Urp e le altra strutture operanti nell’amministrazione, e fra gli Urp delle varie amministrazioni.

La contrattazione collettiva individua e regolamenta i profili professionali relativi agli Urp.

 

L’articolo 9 prevede che:

-          le P.A. possano dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa (la cui attività è indirizzata prevalentemente ai mezzi d’informazione di massa);

-          gli uffici stampa siano costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti; essi siano diretti da un coordinatore (capo ufficio stampa);

-          i capi e i componenti dell’ufficio stampa non possano esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche;

-          la contrattazione collettiva individui e regolamenti i profili professionali degli uffici stampa.

 

L’articolo 11 prevede l’elaborazione del programma annuale delle iniziative di comunicazione da parte delle amministrazioni statali, con la consulenza del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

L’articolo 12 dispone che sulla base di tali programmi annuali il Dipartimento per l’informazione e l’editoria predisponga il piano annuale di comunicazione integrato (realizzato per la parte competente dalle varie amministrazioni).

 

L’articolo 13 prevede l’adozione da parte delle P.A. dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario che prevedono la diffusione dei messaggi sui mass-media. Tali progetti devono contenere indicazioni sull’obiettivo della comunicazione, la copertura finanziaria, il contenuto dei messaggi, i destinatari, i soggetti coinvolti nella realizzazione, la strategia di diffusione.

 

7. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 settembre 2000

 

 

La direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2000, reca norme sul “Programma delle iniziative di informazione e comunicazione istituzionale delle amministrazioni dello Stato”.

Si tratta in pratica di un intervento attuato dalla Presidenza del Consiglio per indirizzare l’adozione dei programmi annuali delle iniziative di comunicazione e dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario da parte delle amministrazioni statali, nonché l’adozione del piano di comunicazione integrato da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria.

 

Alcune novità rispetto alla legge 150/2000 sono previste in relazione all’adozione dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario.

 

L’articolo 4 prevede che:

-          le amministrazioni dello Stato, nell’adottare tali progetti, sono tenuti a rispettare il principio della non discriminazione al fine di garantire al pluralità delle fonti d’informazione, anche con riferimento, ove possibile, alle testate italiane all’estero;

-          è necessario rispettare il seguente modello di riparto tra i mass-media:cinquanta per cento alla stampa nazionale e/o locale ed alle radio equiparate ad essa, e comunque a diffusione nazionale, quindici per cento ad emittenti radio e a emittenti televisive locali, trentacinque per cento libero.

Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria formula, entro trenta giorni dalla data di ricezione, un parere preventivo, in relazione al progetto.

L’articolo 5 prevede che tali progetti siano finanziati dalle risorse disponibili dal centro di responsabilità “Informazione ed editoria” dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

 

8. Decreto legislativo 165/2001

 

Il decreto legislativo del 30 marzo 2001, n.165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, disciplina l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle P.A.

 

Tra gli altri obiettivi si propone di:

-          accrescere l’efficienza delle P.A. in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi UE, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici (art. 1, comma 1, lett. a);

-          realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle P.A., curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti (art. 1, comma 1, lett. c).

Tale decreto legislativo dispone che le P.A. definiscano le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, sulla base di vari criteri, tra i quali:

-          funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità (art. 2, comma 1, lett. a);

-          ampia flessibilità (art. 2., comma 1, lett. b); buona comunicazione interna ed esterna, nell’attività degli uffici (art. 2, comma 1, lett. c);

-          garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, anche attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso (art. 2, comma 1, lett. d).

 

Si dispone che le P.A. curino la formazione e l’aggiornamento del personale, compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo inoltre l’adeguamento dei programmi formativi (art. 7, comma 4).

 

In relazione agli Urp, tale decreto legislativo prevede che gli stessi provvedano, sulla falsariga delle disposizioni della direttiva del Presidente del Consiglio dell’ottobre 1994:

-          al servizio all’utenza per i diritti di partecipazione istituiti dal capo III della legge 241/1990;

-          all’informazione all’utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti;

-          alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l’utenza (art. 11, comma 2, lett. a-c);

-          che le P.A. programmino ed attuino iniziative di comunicazione di pubbliche utilità, al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, avvalendosi del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri e del suo piano annuale (art. 12, comma 4);

-          che il responsabile dell’Urp e il personale da quest’ultimo indicato, possano promuovere iniziative volte al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure e all’incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell’amministrazione e ai documenti amministrativi (art. 12, comma 6);

-          che l’organo di vertice della gestione dell’amministrazione o dell’ente verifichi l’efficacia dell’applicazione delle iniziative appena citate, ai fini dell’inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente (riconoscimento che costituisce titolo autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella progressione di carriera del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le iniziative riconosciute positive al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un’adeguata pubblicizzazione delle stesse), (art. 12, comma 7).

 

 

9. D.P.R. 422/2001

 

 

Il Regolamento adottato sotto forma di Decreto del Presidente della Repubblica del 21 settembre 2001, n.422, reca norme per “L’individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi”.

 

Come annunciato, si tratta del regolamento previsto dall’articolo 5 della legge 150/2000.

 

Gli obiettivi del regolamento sono quelli di:

-          individuare i titoli per l’accesso del personale da utilizzare per le attività d’informazione e di comunicazione;

-          disciplinare i modelli formativi finalizzati alla qualificazione professionale del personale che già svolge le attività d’informazione e di comunicazione nelle P.A.;

-          stabilire i requisiti minimi dei soggetti privati e pubblici abilitati allo svolgimento di attività formative in materia d’informazione e comunicazione delle P.A. (art. 1).

 

Possono esercitare attività di comunicazione negli Urp:

-          personale appartenente a qualifica dirigenziale;

-          personale appartenente a qualifiche comprese nell’area d’inquadramento C del c.c.n.l. comparto Ministeri ed equivalenti;

-          laureati in scienze della comunicazione, laureati in relazioni pubbliche, laureati in indirizzi assimilabili ai precedenti, laureati in discipline diverse in possesso di titolo di specializzazione o perfezionamento post-laurea in comunicazione o relazioni pubbliche o materie assimilate rilasciati da università ed istituti universitari pubblici e privati; laureati in discipline diverse in possesso di master in comunicazione conseguito presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione, il Formez, la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e altre scuole pubbliche e strutture private aventi determinati requisiti;

-          personale non appartenente alla qualifica dirigenziale: personale appartenente ad aree d’inquadramento non inferiori alla B del c.c.n.l per il comparto Ministeri ed equivalenti . Tale personale deve frequentare corsi di formazione teorico-pratici, organizzati sulla base di determinati modelli formativi (art.2).

 

L’articolo 3 detta i requisiti per l’esercizio delle attività d’informazione negli Urp:

-          per il personale che svolge funzioni di capo ufficio stampa e per il personale che coadiuva il capo ufficio stampa , requisito indispensabile è l’iscrizione negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti dell’albo nazionale dei giornalisti;

-          per il personale addetto all’ufficio con altre mansioni non è richiesto alcun requisito professionale specifico.

 

L’articolo 6 detta norme particolari per il caso del personale che, all’entrata in vigore della legge 150/2000, svolge già funzioni d’informazione e di comunicazione. Si prevede che le amministrazioni possano confermare tale personale, anche qualora questo fosse sfornito dei titoli specifici precedentemente elencati. In tal caso, le amministrazioni devono prevedere l’adozione di programmi formativi, da portare a compimento entro 24 mesi dall’entrata in vigore del regolamento, avvalendosi della collaborazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale, del Formez, degli istituti e delle scuole di formazione esistenti presso le amministrazioni stesse, delle università ed istituti universitari, di altri soggetti pubblici e di società private specializzate nel settore. Il personale confermato nell’esercizio delle funzioni di comunicazione e d’informazione sprovvisto dei titoli professionali idonei, se non svolge il programma formativo, nei termini previsti, è assegnato ad altre funzioni.

 

E’ esonerato dalla partecipazione al programma formativo, il personale confermato in possesso dei titoli professionali idonei o che ha frequentato corsi di formazione in comunicazione pubblica della durata minima di: 90 ore per i responsabili Urp e per i capi uffici stampa che abbiano svolto, alla data d’entrata in vigore del regolamento, attività di comunicazione e d’informazione da almeno 2 anni e per il restante personale degli uffici che abbia svolto tali attività per un periodo inferiore ai 2 anni; 120 ore per i responsabili Urp e per i capi uffici stampa che abbiano svolto, alla data d’entrata in vigore del regolamento, attività di comunicazione e d’informazione per un periodo inferiore ai 2 anni; 60 ore per il restante personale degli uffici che abbia svolto, alla data d’entrata in vigore del regolamento, attività di comunicazione e d’informazione da almeno 2 anni (art. 6; allegato A, lett.A).



1 www.urp.it, Francesco Paciello, Gli Urp: da funzione a strategia. Nel dettato normativo la funzione strategica degli Urp”Pubblic@ndo, web-magazine della comunicazione pubblica.


[1] Le classificazioni di Rolando, Mancini, Pira e Mazzoleni sono tratti da: Francesco Pira “Di fronte al cittadino-Linee di comunicazione dell’ente pubblico nel territorio”, Franco Angeli, 2000, pp. 92-95.

[2] Per l’evoluzione legislativa degli ultimi 12 anni, si rimanda al secondo paragrafo “Aziendalizzazione e Responsiveness : analisi legislativa” della Parte Prima del presente lavoro.

[3] F. de Saussure, Corso di linguistica generale, Bari, Laterza, 1997, pag. 19.